Metodiche per l’identificazione batterica


BatteriNel definire la composizione microbica di un prodotto fermentato (es. formaggio, salumi, bevande fermentate, prodotti da forno etc.) è di fondamentale importanza disporre di metodi che permettano di discriminare ed identificare in modo attendibile le varie specie microbiche presenti. A tal fine, i microrganismi vengono isolati in opportuni terreni di crescita ed un significativo numero di colonie vengono prelevate ed identificate. Un primo approccio identificativo consiste nella valutazione di alcune caratteristiche fenotipiche quali la morfologia cellulare (cocco o bastoncino), la reazione alla colorazione di Gram, la presenza di attività catalasica, la crescita a diversi valori di temperatura, pH, concentrazione salina e il tipo di metabolismo omo- o eterofermentante.

I risultati ottenuti da questi semplici prove fenotipiche permettono una prima suddivisione degli isolati microbici in gruppi omogenei. Successivamente, la valutazione del profilo di fermentazione degli zuccheri tramite l’uso di sistemi miniaturizzati commerciali (come il sistema API) permette di arrivare ad una identificazione più o meno attendibile del microrganismo in esame. Tuttavia l’identificazione microbica basata esclusivamente su caratteri fenotipici presenta dei limiti, in quanto alcuni ceppi adattati a particolari ambienti o condizioni di crescita possono manifestare dei profili metabolici atipici rispetto ai ceppi di riferimento; inoltre alcuni tratti fisiologici possono variare anche in funzione alle procedure di analisi applicate nei diversi laboratori.

Un notevole contributo per una più attendibile identificazione e caratterizzazione batterica è derivato dall’utilizzo, accanto ai metodi fenotipici tradizionali, di metodi molecolari basati sullo studio delle proteine cellulari e del DNA.

L’analisi delle proteine cellulari solubili totali o di quelle di parete è risultata essere una metodica utile ed attendibile per l’identificazione batterica. La tecnica consiste nella separazione delle proteine mediante elettroforesi in gel di acrilamide contenente sodio-dodecil-solfato (SDS-PAGE) ed il successivo confronto del profilo ottenuto con un database di profili di ceppi di riferimento.

Recentemente, inoltre, si è assistito ad un notevole sviluppo di metodologie di identificazione basate sull’amplificazione del DNA mediante PCR (Polymerase Chain Reaction). La possibilità di amplificare in laboratorio delle sequenze di DNA delimitate da specifici primers, ha permesso la messa a punto di numerose tecniche sia per identificare che tipizzare i microrganismi. Alcuni esempi delle più comuni metodiche utilizzate in laboratorio basate sulla PCR per l’identificazione dei batteri lattici sono di seguito riportate:

PCR specie-specifica: si basa sull’utilizzo di primers specie-specifici che permettono l’amplificazione di una porzione di DNA specifica per una data specie batterica. Attualmente in letteratura sono descritti primers che permettono di identificare una larga parte dei batteri lattici di interesse caseario. I primers possono essere disegnati sulla sequenza delle regioni variabili del DNA ribosomale (rDNA) 16S, della regione spaziatrice 16S-23S rDNA oppure considerando la sequenza di specifici geni codificanti (es. gene RecA).

ARDRA (Amplified Ribosomal DNA Restriction Analysis): questa metodica prevede l’amplificazione via PCR del 16S rDNA; successivamente il prodotto di amplificazione viene tagliato con enzimi di restrizione (es. EcoRI). Il profilo di restrizione ottenuto per gli isolati oggetto di studio viene confrontato con quello ottenuto per ceppi tipo o di riferimento, arrivando quindi ad una assegnazione a livello di specie.

foto RAPDRAPD-PCR (Randomly Amplified Polymorphic DNA-PCR): la metodica prevede l’amplificazione del DNA genomico utilizzando un unico primer che si appaia casualmente al DNA ogni qualvolta trova una sequenza complementare. Il profilo di amplificazione che si ottiene è composto da più bande e rappresenta una sorta di impronta digitale (fingerprint) che caratterizza in modo specifico il ceppo. La RAPD-PCR viene largamente impiegata nello studio dei batteri lattici sia per tipizzare gli isolati che per assegnare loro una possibile collocazione tassonomica. Dato che profili di amplificazione simili indicano la presenza di genomi simili, confrontando mediante appositi software i profili di amplificazione ottenuti per gli isolati oggetto di studio con quelli di ceppi tipo o di riferimento, è possibile giungere ad una loro identificazione. Solitamente l’analisi RAPD-PCR viene eseguita utilizzando più primers casuali e combinando i diversi profili ottenuti.

Sequenziamento del DNA: è una metodica molto utilizzata ai fini dell’identificazione batterica che consiste nell’amplificazione via PCR del rDNA 16S e successivo sequenziamento del prodotto di amplificazione ottenuto. L’analisi della sequenza risultante, tramite il confronto con database di sequenze disponibili on-line, permette di assegnare una precisa identificazione al microrganismo in esame.

L’integrazione dei risultati ottenuti utilizzando sia metodi di caratterizzazione fenotipici che molecolari risulta quindi molto importante al fine di una corretta ed attendibile identificazione microbica.