OGM: rinviata l’adozione del regolamento sui prodotti biologici



Non riconosciuto al Parlamento il diritto di codecisione

I parlamentari europei hanno deciso di non procedere al voto finale sulla proposta di regolamento riguardante i prodotti biologici poiché la Commissione ha rifiutato di riconoscere loro il diritto di “codecidere” in questo campo. La proposta di regolamento è stata quindi rinviata alla Commissione per l’agricoltura. In precedenza, gli europarlamentari avevano chiesto che il regolamento relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici fosse adottato con la procedura di codecisione, permettendo così al Parlamento di avere un peso pari a quello del Consiglio dei Ministri nella sua definizione. A loro parere, d’altra parte, il provvedimento non contempla solo gli aspetti della legislazione relativi all’agricoltura (sulla quale il Parlamento è consultato), ma tratta anche di aspetti legati al mercato interno, come i metodi specifici di trasformazione e preparazione dei prodotti biologici nei servizi di catering, nelle mense pubbliche e nei ristoranti. A fronte del rifiuto della Commissione di cambiare la base giuridica, hanno quindi deciso di darsi più tempo per tentare di convincerla, rinviando il testo alla commissione parlamentare competente, precludendo cosi al Consiglio la possibilità di pronunciarsi. Allo stesso tempo, tuttavia, il Parlamento ha voluto inviare un messaggio forte approvando una serie di emendamenti che intendono rafforzare sensibilmente la proposta della Commissione su diversi aspetti e, in particolare, per quanto riguarda la questione della contaminazione da parte di OGM. Occorre ricordare che, nel dicembre
2006, in attesa del parere del Parlamento europeo, il Consiglio dei Ministri aveva già definito un orientamento comune sulla proposta di regolamento.

 


Obiettivi più ambiziosi

Per i deputati, il regolamento deve fornire la base per lo sviluppo sostenibile della produzione biologica e stabilire obiettivi, principi e norme concernenti tutte le fasi della produzione, i metodi di produzione, la trasformazione, la distribuzione, la commercializzazione, l’importazione, l’esportazione, l’ispezione e la certificazione dei prodotti biologici, nonché l’uso di indicazioni relative alla produzione biologica nell’etichettatura e nella pubblicità. Il Parlamento precisa inoltre che il provvedimento deve incentivare lo sviluppo sostenibile dei sistemi di agricoltura biologica dell’intera catena biologica di prodotti alimentari e mangimi, assicurare il funzionamento del mercato interno dei prodotti biologici e la concorrenza equa tra produttori, nonché stabilire norme affidabili per i sistemi di produzione e in materia di ispezioni, certificazioni e etichettatura.

 


Campo d’applicazione più ampio e preciso

Il regolamento si applica a una serie di prodotti agricoli destinati a essere commercializzati come biologici. Più in particolare, si applica ai prodotti vegetali e animali non trasformati e agli animali vivi nonché a quelli trasformati destinati al consumo umano, ai mangimi. I deputati, inoltre, chiedono che anche altri prodotti come il sale, la lana, le conserve di pesce, i cosmetici, gli integratori alimentari, gli oli essenziali e i cibi per animali domestici siano soggetti alle disposizioni del regolamento. D’altra parte sopprimono ogni riferimento ai prodotti dell’acquacoltura ritenendo che per questi debba essere definita una normativa specifica. Non si applica inoltre ai prodotti della caccia e della pesca di animali selvatici. Diversi emendamenti ampliano l’elenco degli operatori che devono attenersi a queste norme. Così, oltre a quelli che esercitano la produzione primaria, il regolamento si dovrebbe applicare a coloro che si occupano del condizionamento, della trasformazione e della preparazione di alimenti e mangimi, nonché a quelli impegnati nel condizionamento, nel confezionamento, nel magazzinaggio, nell’etichettatura e nella pubblicità di prodotti biologici. Ma anche ai responsabili del magazzinaggio, trasporto e distribuzione nonché dell’esportazione e importazione da e verso la Comunità. Se anche gli operatori che gestiscono l’immissione sul mercato sono interessati dal provvedimento, un emendamento aggiunge le attività di catering, le mense, i ristoranti o altre prestazioni analoghe di servizi alimentari. Per i deputati, infatti, queste operazioni comportano un’ulteriore trasformazione e preparazione di cibi biologici e devono quindi rientrare nel campo d’applicazione del regolamento.



0,1% di OGM e principio di “chi inquina paga”

Come avviene in forza alle disposizioni esistenti, la proposta di regolamento prevede che nella produzione biologica, in linea di principio, non è consentito l’uso di OGM e di prodotti ottenuti da OGM. La stessa proposta asserisce che ciò è infatti incompatibile con il concetto di produzione biologica e con la percezione che i consumatori hanno di tali prodotti. La Commissione afferma che gli OGM non devono quindi essere “intenzionalmente” utilizzati nella produzione e nella trasformazione di prodotti “bio”, aprendo così la porta alla tolleranza nei confronti di contaminazioni accidentali che rientrano in una certa soglia (si parla dello 0,9% come i prodotti convenzionali). Il Parlamento, invece, sopprime il termine “intenzionalmente” e precisa che occorre evitare la contaminazione di sementi, fattori di produzione, mangimi e alimenti biologici mediante adeguate normative nazionali e comunitarie basate sul principio di precauzione. Oltre a precisare la definizione di “prodotti ottenuti da OGM”, puntualizza poi che non è consentito nemmeno il ricorso a prodotti “con OGM” e sopprime l’eccezione prevista per i medicinali veterinari, promuovendo così il ricorso ai medicinali veterinari biologici già presenti sul mercato. Con un emendamento, insiste sul fatto che gli Stati membri si dotino di un quadro legislativo adeguato, sulla base del principio di precauzione e del principio “chi inquina paga”, al fine di evitare ogni rischio di contaminazione dei prodotti biologici da parte di OGM. Puntualizza inoltre che la presenza di OGM nei prodotti biologici è limitata esclusivamente a quantità accidentali e tecnicamente inevitabili con un valore massimo dello 0,1%. Ma non solo, un altro emendamento chiede alla Commissione di pubblicare, entro il 1° gennaio 2008, una proposta di direttiva quadro concernente le misure precauzionali tese ad evitare la contaminazione da OGM in tutta la catena alimentare, nonché un quadro legislativo per le norme sulla responsabilità concernenti qualsiasi contaminazione con OGM, sulla base, anche in questo caso, del principio “chi inquina paga”. E’ inoltre responsabilità degli operatori prendere tutte le misure di precauzione necessarie onde evitare ogni rischio di contaminazione accidentale o tecnicamente inevitabile da parte di OGM. Gli agricoltori e i fabbricanti di mangimi devono astenersi dall’utilizzare OGM o prodotti derivati da OGM e con OGM. Devono inoltre fornire le prove che la contaminazione non è avvenuta. Un emendamento, peraltro, impone agli agricoltori o a qualsiasi altro fornitore di prodotti biologici che acquistano presso terzi i prodotti che utilizzano per la produzione di alimenti o mangimi biologici, di accertarsi che questi non siano ottenuti o derivati da OGM e che non contengano o siano costituiti da OGM. E’ poi anche precisato, che in caso di contaminazione accidentale o tecnicamente inevitabile con OGM, gli operatori devono essere in grado di fornire prove di aver adottato tutte le misure necessarie per evitare siffatta contaminazione.

 


Sviluppo dei prodotti autoctoni, senza chimica né radiazioni

Una serie di emendamenti precisa che l’agricoltura biologica è pienamente in linea con gli obiettivi dello sviluppo sostenibile fissati dall’UE nel contesto dell’Agenda di Göteborg. Per i deputati, infatti, contribuisce alla realizzazione dello sviluppo sostenibile, dà origine a prodotti sani e di alta qualità e utilizza metodi di produzione sostenibili sul piano ambientale. Più in particolare, la produzione biologica assicura l’equilibrio sostenibile tra suolo, acque piante e animali. Inoltre, contribuisce a mantenere processi di preparazione tradizionali degli alimenti di qualità e a migliorare le piccole aziende e le imprese a carattere familiare. Ma i metodi di produzione biologica devono anche favorire e mantenere un alto livello di diversità biologica e genetica nelle aziende e nei loro dintorni, riservando particolare attenzione alla conservazione delle varietà locali che si sono adattate e alle razze autoctone. E’ anche precisato che soltanto gli organismi viventi e i metodi di produzione meccanici sono da utilizzare ed è sottolineato che l’impiego di prodotti fitosanitari sintetici è incompatibile con la produzione biologica. Le sostanze trattate chimicamente o di sintesi devono pertanto essere rigorosamente limitate a casi eccezionali e possono essere impiegate solo se non vi sono alternative naturali in commercio. Altri emendamenti precisano poi che non sono consentite le radiazioni ionizzanti e le produzioni con coltivazioni idroponiche o altre coltivazioni o allevamenti senza suolo. Va anche limitato l’impiego di risorse non rinnovabili e promosso l’uso di quelle rinnovabili.

 


Etichettatura più chiara

Il termine “biologico”, nonché i rispettivi derivati e abbreviazioni, possono essere utilizzati, singolarmente o in abbinamento, nell’insieme della Comunità e in qualsiasi lingua comunitaria, nell’etichettatura e nella pubblicità di prodotti ottenuti e controllati o importati a norma del regolamento. Nel caso di prodotti trasformati, un emendamento precisa che tali termini possono essere utilizzati unicamente nella designazione e etichettatura del prodotto di cui almeno il 95% per peso degli ingredienti del prodotto di origine agricola (esclusi l’acqua e il sale) proviene da produzione biologica e tutti gli ingredienti essenziali provengono dalla produzione biologica. Questi termini possono poi essere indicati nella lista degli ingredienti, ma solo se le informazioni sugli ingredienti biologici vengono fornite nello stesso modo e utilizzando lo stesso colore, la stessa dimensione e lo stesso tipo di caratteri utilizzati per gli altri ingredienti. Tali prodotti, è anche precisato, non possono recare un logo che rimanda alla produzione biologica. D’altra parte, il termine “biologico” (o equivalenti) non può essere apposto sulle etichette che recano anche l’indicazione che il prodotto contiene, è costituito, è derivato o è prodotto da o con l’ausilio di OGM, ovvero in presenza della prova che il prodotto, l’ingrediente o il mangime utilizzato siano stati contaminati da OGM. Il Parlamento aggiunge, inoltre, che non è possibile ricorrere a tale termine per designare prodotti che sono stati contaminati accidentalmente da OGM in misura superiore alla soglia dello 0,1%. Sulle etichette dei prodotti biologici deve essere anche indicato l’organismo di controllo che certifica il rispetto delle disposizioni sulla produzione biologica. Un emendamento chiede che sia resa obbligatoria l’indicazione del luogo di origine del prodotto o delle materie prime agricole di cui è composto il prodotto, e cioè se si tratta di un prodotto originario dell’UE, di paesi terzi o di una combinazione di paesi. Il luogo di origine deve essere poi completato dal nome di un paese se il prodotto o le materie prime da cui è ottenuto provengono dal paese in questione. Per i deputati, infatti, l’origine del prodotto spesso si ricollega alla qualità e alle sue caratteristiche, che sono elementi sempre più rilevanti nei prodotti di qualità come quelli biologici. Per i deputati deve essere obbligatorio apporre anche il logo europeo e l’indicazione “BIOLOGICO”, in lettere maiuscole. In proposito, la Commissione proponeva di rendere facoltativa questa indicazione che, peraltro, doveva essere “UE-BIOLOGICO”. I deputati, hanno soppresso il suffisso “UE” per evitare che i consumatori siano tratti in inganno quanto all’origine del prodotto, visto che l’indicazione va apposta anche sulle etichette dei prodotti importati. Il logo, che secondo i deputati «costituisce il principale simbolo identificativo dei prodotti biologici in tutto il territorio dell’Unione europea», sarà definito dalla Commissione e dovrà essere utilizzato nell’etichettatura, nella presentazione e nella pubblicità dei prodotti ottenuti e controllati o importati a norma del regolamento. Un emendamento precisa poi le disposizioni in merito all’etichettatura dei prodotti provenienti da aziende in via di conversione al biologico.


 


Controlli rafforzati anche sulle importazioni

Il rispetto delle disposizioni del regolamento sarà garantito da organismi di controllo accreditati conformemente alla norma EN45011 che prevede, in particolare, garanzie in materia di indipendenza e competenza. Saranno questi a dover eseguire i controlli e, come indicato in un emendamento, le ispezioni e le certificazioni. In ogni caso, suggeriscono i deputati, gli Stati membri devono assicurare che il sistema di controlli istituito consenta la tracciabilità dei prodotti in ogni fase della produzione, preparazione e distribuzione per dare ai consumatori la garanzia che i prodotti biologici sono stati prodotti nel rispetto del regolamento. Un emendamento precisa poi a quali condizioni un prodotto importato può essere immesso nel mercato comunitario etichettato come biologico. Innanzitutto, tale prodotto deve essere conforme alle disposizioni del regolamento. Più in particolare, il prodotto in questione deve essere stato ottenuto secondo norme di produzione equivalenti a quelle applicate alla produzione biologica nella Comunità, tenendo conto delle linee guida del Codex Aliemtarius. Inoltre, le aziende di produzione, importazione e commercializzazione devono essere sottoposte a controlli equivalenti a quelli comunitari eseguiti da un’autorità o un organismo ufficialmente riconosciuto dalla Comunità e possono fornire in qualsiasi momento gli elementi di prova che attestano la conformità con i requisiti del regolamento. Il prodotto dev’essere quindi coperto da un certificato rilasciato dall’autorità di controllo competente che ne attesta la conformità con il regolamento.

 


Background – Il biologico in Italia e in Europa

L’Italia è il quarto produttore mondiale e primo nell’Unione Europea di derrate biologiche. Da sola conta un terzo delle imprese biologiche europee (49.859) e un quarto della superficie “bio” dell’Unione (
1.067.101,66 ettari). I principali orientamenti produttivi interessano foraggi, prati e pascoli, e cereali, che nel loro insieme rappresentano oltre il 70% circa della superficie ad agricoltura biologica mentre seguono, nell’ ordine, le coltivazioni arboree (olivo, vite, agrumi, frutta) e le colture industriali. Per le produzioni animali risultano allevati con metodo biologico 222.516 bovini da latte e carne, 825.274 ovi-caprini, 977.537 polli, 31.338 suini, 1.293, conigli e 72.241 alveari di api. Gli altri principali Stati membri in cui le produzioni biologiche sono importanti sono la Spagna (
926.390 ettari), la Germania (
807.406 ettari), il Regno Unito (
619.852 ettari) e la Francia (
560.838 ettari). In merito alla possibilità di tollerare una soglia accidentale di OGM nei prodotti biologici, un’indagine Coldiretti-ISPO del 2006 su “Opinioni degli Italiani sull’alimentazione” ha rilevato che si verificherebbe un crollo del 60% nei consumi. Ciò sarebbe dovuto a una crisi di fiducia nei confronti di alimenti scelti e pagati con un differenziale di prezzo proprio perché garantiscono sicurezza e naturalità nel metodo di produzione. In Italia, inoltre, ben 2.355 comuni su un totale di 8.106 (pari al 29%) hanno adottato delibere contro il biotech nei propri territori. (Fonte: pe)