Denominazioni di vendita della carne di vitello


Gli Stati membri chiedono alla Commissione di presentare proposte per chiarire le condizioni di commercializzazione delle carni di vitello
La produzione e la commercializzazione delle carni di bovini di età non superiore a dodici mesi sono spesso molto diverse da uno Stato membro all’altro, così come le caratteristiche degli animali al momento della macellazione. Esistono infatti due grandi tipi di sistemi produttivi: nel primo, gli animali sono alimentati principalmente a base di latte e prodotti lattieri e macellati prima degli otto mesi di età; nel secondo, l’alimentazione è quasi esclusivamente a base di cereali, essenzialmente granturco, integrata da foraggi e gli animali sono macellati a partire dai dieci mesi. Mentre il primo tipo di produzione è diffuso in quasi tutti gli Stati membri, il secondo si è invece sviluppato solo in alcuni, soprattutto nei Paesi Bassi, in Danimarca e in Spagna. Sui principali mercati al consumo della Comunità le carni ottenute con questi diversi sistemi di produzione finora sono state commercializzate con la stessa denominazione di vendita, “vitello”, in generale senza alcun riferimento né al tipo di alimentazione degli animali, né alla loro età al momento della macellazione. L’esperienza ha dimostrato che tale pratica può falsare gli scambi e favorire condizioni di concorrenza sleale: essa incide quindi direttamente sul corretto funzionamento del mercato unico. In effetti, all’uscita del macello, esistono differenze di prezzo dell’ordine di 2-2,50 euro/kg fra le carni ottenute con questi due sistemi di ingrasso. Tale pratica può inoltre essere fonte di confusione per il consumatore che può essere indotto in errore sulle reali caratteristiche della carne che acquista. Per questo motivo molti Stati membri hanno chiesto alla Commissione di presentare proposte per chiarire le condizioni di commercializzazione di queste carni, in particolare per precisare l’uso della denominazione di vendita “vitello”.