Speciale riforma OCM vino (dal quindicinale Veneto Agricoltura Europa n.13/ 2007)


La Commissione europea ha presentato la proposta di riforma dell’OCM vitivinicolo.
La revisione del settore si inserisce in una serie di riforme che hanno toccato negli ultimi anni le Organizzazioni Comuni di Mercato dei cereali, del tabacco, dello zucchero e, ultima in ordine di tempo, quella dell’ortofrutta. La riforma del settore vitivinicolo, parallelamente alla OCM Unica, dovrebbe concludere il ciclo di riforme settoriali attraverso le quali si sta delineando la nuova Politica Agricola Comune.

I PUNTI PRINCIPALI DELLA PROPOSTA

Pagamenti delle singole aziende. Tutte le aree destinate alla coltivazione della vite devono essere autorizzate; quelle non a norma saranno estirpate per assicurare la conservazione in condizioni agricole e ambientali ottimali dei vigneti.
Restrizioni sulle piantagioni. Il sistema restrittivo delle piantagioni è attuato principalmente a favore degli agricoltori più esperti per estendere le loro coltivazioni. Sarà attuato entro la fine del periodo di transazione nel 2013 e sarà abolito dal 1° gennaio 2014.
Finanziamenti nazionali. Lo stanziamento di sussidi nazionali punta ad incentivare in ciascuno Stato dell’UE produttore di vino l’adozione di misure conformi alla riforma e attente alla situazione vitivinicola nazionale. Il budget complessivo destinato a ciascun Paese sarà calcolato in base alle coltivazioni di vite presenti nel Paese e alla produzione nazionale di vino; il finanziamento previsto varia da 623 milioni di euro nel 2009 a 830 milioni di euro stanziati a partire dal 2015 a livello comunitario. Per l’Italia si è in un ordine che varia da 160 a 230 milioni di euro all’anno, con una quota fissa (attorno ai 30 milioni) da destinare alle misure di promozione. Possibili misure a discrezione dei Paesi che ricevono il finanziamento riguardano la promozione dei vini nazionali in mercati non europei, ristrutturazione o conversione di vigneti, supporti alla raccolta e misure manageriali mirate (ad esempio assicurazioni contro calamità naturali o la ricerca di fondi rurali specifici del settore per contenere i costi amministrativi di sviluppo di aziende vinicole).
Misure di sviluppo rurale. Il Piano di sviluppo rurale europeo include diverse azioni interessanti per il settore vinicolo: incentivi per giovani coltivatori, potenziamento del marketing delle aziende, sviluppo di consorzi di produzione, supporti per coprire costi addizionali e investimenti per la tutela del paesaggio rurale o infine il pensionamento dall’attività. Per attuare tali politiche è previsto un finanziamento iniziale di 100 milioni di euro (diventeranno 400 milioni di euro nel 2014) che sarà distribuito tra le diverse aree di coltivazione della vite proporzionalmente alla loro capacità di produzione.
Pratiche enologiche. La Commissione europea promuove nuove riforme enologiche, o modifiche a quelle già esistenti, in conformità alle pratiche enologiche sancite dall’OIV. Sono anche autorizzate pratiche internazionali per la produzione del vino da esportazione e si impongono divieti sull’importazione di mosti e il mescolamento di vini europei con quelli importati.
Etichettatura. Lo standard europeo di qualità del vino si basa sulle differenti aree geografiche di produzione. I vini con specifica indicazione geografica saranno classificati in vini con Indicazione Geografica Protetta e vini con Denominazione di Origine Protetta. L’etichettatura sarà semplificata per rispondere meglio alle esigenze dei consumatori: sull’etichetta compariranno varietà della vite e annata di produzione.
Promozione e informazione. La Commissione europea intende perseguire una promozione responsabile e una campagna di informazione efficiente. Il budget per la promozione dei vini fuori dai confini dell’Unione Europea è di 120 milioni di euro. All’interno dell’UE sono previste campagne promozionali sui vini con Indicazione Geografica e iniziative d’informazione sul consumo responsabile e moderato di vino.
Protezione dell’ambiente. Le aree destinate alla coltivazione del vino devono essere conformi agli standard ambientali sanciti dalla legislazione europea. Sono richiesti requisiti minimi per la ristrutturazione dei terreni e ulteriori fondi possono essere reperiti attraverso gli schemi agro-ambientali dei programmi di sviluppo rurale attivati dalla Commissione europea.
Schemi di estirpazione. Ai coltivatori che desiderano uscire dal settore vitivinicolo sarà offerto un premio di abbandono; il primo anno tale incentivo sarà pari al livello attuale aumentato del 30% e diminuirà nei cinque anni successivi alla riforma. Per evitare problemi sociali e ambientali, i singoli Stati possono vietare l’abbandono dei vigneti in montagna e nelle regioni in condizioni ambientali particolari e l’estirpazione complessiva non deve comunque superare il 10% del territorio destinato alla viticoltura, pari a un massimo di 200.000 ettari. Il budget per questa politica passerà da 430 milioni di euro il primo anno a 59 milioni di euro negli anni successivi.
Abolizione delle misure manageriali di mercato. Fin dal primo giorno dell’entrata in vigore della riforma, saranno abolite le misure che riguardano la crisi della distillazione, i supporti per i prodotti derivati dalla distillazione, l’alcool potabile e i duplici scopi della distillazione della grappa, gli aiuti all’immagazzinamento privato, i rimborsi per le esportazioni, e gli aiuti per comprare mosti per migliorare il vino prodotto.
Divieto di usare lo zucchero per valorizzare il vino.  L’uso dello zucchero per migliorare il vino sarà vietato dal primo giorno dell’entrata in vigore della riforma. La proibizione di usare lo zucchero e le limitazioni degli aiuti per i mosti importati non è in linea con l’OIV o le disposizioni precedenti dell’Unione Europea, ma permetterà di equilibrare la produzione tra nord e sud. Tutti i viticoltori produrranno esclusivamente grappe e mosti senza aggiunta di alcuna sostanza.

I COMMENTI

Corrado Giacomini – Direttore Responsabile di Veneto Agricoltura Europa
“Veneto Agricoltura Europa” questa volta vuole stimolare il dibattito su un tema di grande attualità e interesse per l’agricoltura veneta: la recente proposta di riforma dell’OCM vino. Il Veneto con i suoi 71 mila ettari di vigneto e con circa 9 milioni di ettolitri di vino prodotti (circa il 16% della produzione nazionale) è tra le grandi regioni viticole italiane ed europee e può vantare importanti successi sul mercato mondiale tanto che il suo export vinicolo rappresenta più del 40% del totale delle esportazioni alimentari della Regione. E’ comprensibile, quindi, che la proposta di riforma presentata dalla Commissione sia un tema particolarmente caldo, sulla quale “Veneto Agricoltura” si propone di raccogliere le reazioni delle più importanti organizzazioni del settore e di rappresentanti del mondo accademico. Dalla lettura del testo emerge chiaramente che anche con la nuova OCM vino la Commissione vuole segnare una rottura netta con il passato e rispettare le linee di fondo tracciate dalla rivoluzione – qualcuno continua a chiamarla “revisione” – di medio termine di Fischler. Ovvio che le prime reazioni siano fortemente preoccupate e, come è avvenuto lungo tutto l’iter della riforma della PAC, si tenda a difendere le misure delle precedenti OCM (altre volte contestate) o a chiedere almeno una fase morbida di pashing out. Un franco dibattito sulla proposta di regolamento della Commissione, che dovrebbe essere approvato durante la presidenza portoghese, pare quanto mai necessario per coglierne gli aspetti positivi, per cercare di attutire l’impatto di quelli negativi e soprattutto per valutare il ruolo che potrebbe essere riservato agli Stati nazionali per attuare un atterraggio morbido della riforma, come è stato possibile ottenere con il recente compromesso sulla nuova OCM ortofrutta. Per ultimo, bisogna ricordare che la proposta della nuova OCM vino cade alla vigilia di un più ampio processo di revisione di tutta la PAC, che inizierà proprio nel 2008, per cui non pare irrilevante l’approvazione di questo regolamento prima che possano emergere ulteriori e possibili posizioni contro il peso e il ruolo della PAC nella politica comunitaria, soprattutto se questa interessa settori forti dei vecchi Paesi membri. Come si può osservare, i temi sollevati dalla nuova proposta di riforma dell’OCM vino sono tanti e complessi, “Veneto Agricoltura Europa” si augura che i pareri di seguito riportati possano costituire un contributo utile alla discussione e alle soluzioni definitive che poi verranno adottate.

Corrado Callegari – Amministratore Unico di Veneto Agricoltura
Nel corso dell’ultimo anno e mezzo, Veneto Agricoltura Europa ha seguito passo passo le diverse fasi che hanno portato la Commissione europea a presentare, il 4 luglio scorso, la sua proposta di riforma del settore vitivinicolo. I nostri lettori hanno così potuto seguire l’evolversi di un difficile iter che ha dovuto fare i conti, fin dalle prime battute, con critiche e dissensi da parte dei Paesi produttori (Francia in testa) e delle principali organizzazioni agricole europee. Infatti, Governi e viticoltori si sono dichiarati subito sostanzialmente d’accordo sulla necessità di limitare, almeno in parte, l’elevata produzione di vino comunitaria, ma allo stesso tempo hanno frapposto una serie di ostacoli sulla strada della liberalizzazione tracciata dalla Commissione europea. Strada che fin dall’inizio si è posta degli obiettivi chiari, a cominciare dalla necessità di rendere il comparto vitivinicolo europeo più competitivo a livello internazionale. Da qui, la proposta di alcune possibili soluzioni: dai miglioramenti qualitativi al rinnovamento dei vigneti, dalla razionalizzazione e l’ammodernamento strutturale alla salvaguardia delle zone vitivinicole tradizionali, ecc. Soluzioni che hanno messo in rilievo i primi grossi nodi e contrasti, trai quali il sistema di restrizioni al diritto di impianto, il meccanismo del pagamento unico sul modello adottato in precedenza per altri settori agricoli riformati, gli scottanti temi dello zuccheraggio, delle etichettature e delle indicazioni geografiche, ma soprattutto della ripartizione finanziaria tra gli Stati. Presentando la sua proposta di riforma, la Commissione europea ha fatto la sua parte; ora i Paesi produttori dovranno fare la loro, dovranno far sentire forte la propria voce consapevoli che ci sono ancora margini di contrattazione. Sono in ballo gli interessi di migliaia di produttori, di un intero comparto che specie nella nostra Regione svolge un ruolo strategico. Non vorremmo che l’iter di riforma del settore vitivinicolo europeo si risolvesse con un grosso tranello per i nostri viticoltori. Veneto Agricoltura Europa continuerà, con articoli e approfondimenti, a seguire il difficile cammino della riforma.

Mariann Fischer Boel – Commissario europeo all’Agricoltura e allo Sviluppo rurale
Cosa ha fatto l’Unione Europea per aiutare i propri viticoltori di fronte a una concorrenza crescente? Probabilmente non abbastanza, ma le cose stanno per cambiare. I piani presentati dalla Commissione lo scorso 4 luglio determineranno un radicale cambiamento nel modo in cui l’Unione Europea sostiene il settore vitivinicolo. Essi tendono a migliorare la competitività dei produttori di vino europei, riconquistare quote di mercato, prosciugare il tristemente famoso “lago di vino” e semplificare l’attuale regime, preservando nel contempo le migliori tradizioni della vitivinicoltura europea, sostenendo le regioni rurali e salvaguardando l’ambiente. Molti si chiedono perché la riforma sia necessaria. Non è forse vero che l’Europa è leader mondiale nel settore del vino? Che produce i vini migliori e domina il mercato globale? La risposta ad entrambe le domande è sì. Ma ciò non basta a nascondere il fatto che stiamo cedendo rapidamente quote di mercato ai produttori dinamici di altre parti del mondo. I consumi nell’UE stanno calando, le importazioni salgono del 10% all’anno, e senza riforma le eccedenze di produzione di vino nell’UE raggiungeranno, secondo le stime, il 15% della produzione annua entro il 2010. E quel che è peggio è che spendiamo più di mezzo miliardo di euro all’anno solo per eliminare vino invenduto, per il quale non c’è mercato. È indubbio che possiamo spendere meglio le risorse di cui disponiamo per misure positive, finalizzate a rafforzare la qualità e il richiamo dei nostri vini. Dopo oltre un anno di intense consultazioni sono giunta alla ferma convinzione che le proposte messe sul tavolo permetteranno di dare nuovo slancio al settore europeo del vino. L’Unione Europea dispone di 1,3 miliardi di euro all’anno da destinare al settore vitivinicolo: non ho intenzione di ridurre queste risorse. Ma dobbiamo servircene in maniera più intelligente. Secondo il mio programma il primo passo da fare sarà l’abolizione immediata di tutte le misure di gestione del mercato che si sono dimostrate inefficaci e onerose negli ultimi anni. L’eliminazione di questa rete di sicurezza dovrebbe senz’altro scoraggiare la produzione di vino per il quale non c’è sbocco. Non ha assolutamente senso spendere denaro per distruggere il vino distillandolo in alcol per uso industriale, né abbiamo bisogno di sovvenzionare i produttori di prodotti di alta qualità come il brandy e il Porto, o di sovvenzionare le esportazioni di vino. È nostra intenzione anche vietare l’aggiunta di zucchero per arricchire il vino, visto che lo zucchero non proviene dall’uva. Parallelamente, cesserà anche l’erogazione dell’aiuto (molto oneroso) per l’aggiunta di mosto, istituito a suo tempo per compensare la differenza di prezzo rispetto allo zucchero, meno caro. In futuro tutti i produttori di vino del continente produrranno vini in condizioni di parità utilizzando mosto non sovvenzionato. Per i primi cinque anni del processo di riforma offriremo un incentivo finanziario in grado di incentivare i produttori non più in grado di essere concorrenziali ad abbandonare la produzione di vino. L’incentivo sarà di importo decrescente nel corso del quinquennio in modo da incoraggiare un’adesione immediata a questo regime, che è del tutto volontaria. Molti ritengono che non si dovrebbe lasciare esclusivamente ai viticoltori la possibilità di decidere se estirpare i vigneti che possiedono. Per questo proponiamo di autorizzare le autorità nazionali a limitare le estirpazioni nelle zone sensibili sotto il profilo ambientale e nelle regioni montagnose e di cessare completamente l’estirpazione non appena sia stato raggiunto il 10% della superficie vitata totale del Paese. Le superfici vitate diventeranno ammissibili agli aiuti diretti di cui già beneficiano tutti gli agricoltori europei e le superfici estirpate saranno automaticamente ammesse al regime del pagamento unico, la cui concessione è subordinata al rispetto di rigorose norme ambientali. Alla scadenza del programma di estirpazione nel 2013 sarà posta fine anche all’attuale sistema dei diritti di impianto in base al quale i viticoltori che desiderano ampliare il proprio vigneto o piantarne uno nuovo devono acquistare diritti a caro prezzo, ammesso che ne trovino. I produttori competitivi potranno così espandere la produzione, se lo desiderano, ma solo se saranno effettivamente in grado di vendere il vino che producono. Una quota molto consistente dell’attuale dotazione di bilancio sarà suddivisa tra i Paesi produttori per permettere loro di adattare gli aiuti che concederanno alle diverse situazioni locali. Le misure che potranno finanziare comprendono la promozione dei vini europei sui mercati esteri, la ristrutturazione dei vigneti e nuove misure di gestione delle crisi, come l’assicurazione o la creazione di fondi di mutualizzazione. Molti ambienti interessati hanno sollecitato la Commissione europea a fare di più per la promozione dei nostri vini sui mercati di esportazione: in base al mio progetto si spenderanno 120 milioni di euro all’anno per la promozione dei vini europei all’estero. Analogamente, una grossa fetta delle risorse di bilancio sarà trasferita alle misure di sviluppo rurale nelle regioni vitivinicole quali la preservazione dei paesaggi rurali, il miglioramento della commercializzazione e aiuti per l’insediamento dei giovani produttori. Dobbiamo anche allentare il nostro sistema restrittivo sulle pratiche enologiche in modo da aiutare i produttori che desiderano adattare i vini che producono al cambiamento dei gusti dei consumatori. Non si tratta di un approccio superficiale, come sostengono alcuni, ma semplicemente ammettere determinate pratiche già accettate dall’Organizzazione internazionale della Vigna e del Vino, di cui peraltro fanno parte tutti gli Stati membri dell’UE, tranne uno. Infine, vogliamo semplificare le norme di etichettatura che tanta confusione creano in molti consumatori europei. Ad esempio, tutti i vini europei potranno indicare in etichetta l’annata e il vitigno, cosa che attualmente non è autorizzata per i vini senza indicazione geografica. Sono convinta che le mie proposte siano razionali, nell’interesse di produttori e consumatori, e permetteranno di dare nuovo slancio al settore vitivinicolo europeo perché possa riconquistare, come merita, il primo posto a livello mondiale. Ma non mi faccio illusioni e so che quello del vino è un tema che suscita grandi emozioni e che molti troveranno da obiettare alle mie idee. Questo però non ci impedirà di continuare a credere che la riforma è quanto mai cruciale.

Paolo De Castro – Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali
Pur avendo parzialmente tenuto conto di alcune indicazioni avanzate dall’Italia assieme ad altri Paesi dell’area Mediterranea, la proposta adottata dalla Commissione ci pone nella prospettiva di un lungo e intenso lavoro negoziale. La riforma, destinata a modificare in modo sostanziale le attuali regole, proibisce l’uso del saccarosio, richiesta trentennale del mondo produttivo italiano. Contemporaneamente elimina gli interventi di distillazione, sostituendoli con nuove misure di gestione delle crisi, in grado di rafforzare la competitività dei produttori comunitari. A tal fine è prevista una dotazione finanziaria nazionale per permettere alle autorità dei singoli Paesi membri di individuare gli interventi più adatti ad un mercato fortemente segmentato. In particolare il premio per l’estirpazione, di carattere volontario e con la previsione di alcuni vincoli, per tener conto delle zone sensibili sotto il profilo ambientale, riguarderà 200.000 ettari con una sostanziale diminuzione del relativo budget. Viene introdotto il divieto di utilizzare mosti importati per la vinificazione e il taglio dei vini europei con i vini importati. Nonostante i capitoli in sintonia con la nostra linea negoziale, la proposta contiene elementi che dovranno essere oggetto di approfondimento, quali la liberalizzazione dei diritti di impianto e l’eliminazione della distillazione dei sottoprodotti ma, soprattutto, nell’ottica di un sempre sostenuto sforzo per il riconoscimento e la tutela del nostro patrimonio agroalimentare di qualità, appaiono di scarsa efficacia le disposizioni riguardanti le denominazioni di origine. Quanto contenuto nella bozza Fischer Boel non appare infatti idoneo a tutelare sufficientemente i vini di qualità europei. Ora, inizia un lungo lavoro al tavolo della trattativa. Il negoziato impegnerà fortemente il Governo. Per questo, fondamentale sarà il sostegno attivo e compatto del mondo produttivo e delle Regioni.

Luca Zaia – Vicepresidente della Regione Veneto
In una Regione come il Veneto, che produce 7 milioni di ettolitri di vino di qualità e ne esporta fuori dei confini italiani 4 milioni, parlare di riforma dell’Organizzazione Comune di Mercato del vino suona in maniera stonata. Il mio primo pensiero corre a qualche burocrate di Bruxelles che si mette a tavolino, verifica che ci sono lamentele da parte di qualche Paese o Regione che ha dell’invenduto, constata che c’è una differenza tra produzione e consumo e si mette a scrivere regole per pareggiare le due cose: basterebbe che venisse da noi a vedere cosa produciamo, come lavoriamo e come commercializziamo. E lo dico sapendo che anche nel Veneto ci sono non poche carenze sul piano dell’organizzazione dell’offerta, mentre i produttori sono vessati da un eccesso di burocrazia. Nella nuova proposta di OCM vino ci sono peraltro degli elementi di positività rispetto alla precedente stesura. Per esempio viene ridotta la quantità di estirpi e ne sono previste esclusioni, ma nello stesso tempo non si parla del sistema della difesa del vino ma solo degli aiuti; si parla più di esigenze di mercato che di qualità; ci si avvicina a sistemi di disaccoppiamento che, se anche possono avere un senso per le grandi colture, non ne hanno per un prodotto tipico. E’ come se anziché salvaguardare e valorizzare il vino, si preferisse gestire una uscita progressiva dei produttori dal settore. Considero del tutto negativa la possibilità di indicare il vitigno di provenienza anche per i vini non di qualità: nella migliore delle ipotesi si rischia grande confusione, nella peggiore… da sempre la moneta cattiva scaccia quella buona, e vale anche per il vino. Viene inoltre modificato profondamente il sistema di gestione delle crisi: quello vecchio viene smantellato e l’efficacia di quello nuovo è tutta da dimostrare. Voglio pure capire cosa significherà l’adozione di pratiche enologiche solo perché ammesse dall’OIV, e penso anzitutto ai trucioli. Mi domando infine chi se la sentirà di investire in nuovi costosi vigneti con le regole attuali, sapendo che nel 2013 saranno abolite le restrizioni agli impianti.

Vasco Boatto Direttore CIRVE Università di Padova sede di Conegliano
L’attesa per conoscere nel dettaglio i contenuti della proposta è stata premiata in quanto il documento presentato assume un carattere di radicale novità ed è ben lungi dall’essere un semplice ritocco dell’esistente. Per i produttori, sia sul piano tecnico sia su quello economico, le novità introdotte rendono necessario un forte adattamento degli assetti produttivi, organizzativi e commerciali. Sul piano tecnico i limiti al ricorso all’arricchimento del tenore zuccherino si rifletteranno sulla necessità di rivedere le tecniche di gestione del vigneto, come pure la conduzione dei processi di vinificazione. Diventerà quindi sempre più importante il ruolo dell’enologo. Per i produttori del Veneto le inevitabili iniziali difficoltà di adattamento sono nettamente inferiori ai vantaggi competitivi che questi stessi adattamenti permetteranno di conseguire. Vi sarà una riduzione delle rese, un innalzamento della qualità ed una maggiore trasparenza del mercato. L’abolizione dei vincoli più restrittivi sull’evoluzione dell’offerta a partire dal 2014 avrà effetti positivi sull’innovazione (adeguamento varietale, processi produttivi, mercati di riferimento ecc). Un aspetto che rimane problematico è invece quello della modifica dell’etichettatura, che consente di indicare la varietà al di fuori delle aree a denominazione protetta. In particolare, il consumatore, abituato ad vedere identificata la varietà nelle sole produzioni a denominazione protetta, può non comprendere la diversa origine del prodotto, a danno di una scelta di acquisto pienamente consapevole. Saranno pertanto decisive le modalità di utilizzo delle risorse, sia quelle relative alla promozione, sia quelle che andranno destinate al pacchetto nazionale entro i Piani di Sviluppo Rurale.  Questa proposta attribuisce un ruolo strategico alla ricerca ed all’investimento nel capitale umano. E’ un’opportunità che ritengo vada colta, potenziando gli sforzi che sono stati posti in essere a livello regionale nei Centri di Ricerca: i Centri di Ricerca dell’Università di Padova e di Verona, il Centro di Ricerca in Viticoltura del C.R.A. – Conegliano, il Centro di Ricerca per la Viticoltura e l’Enologia di Veneto Agricoltura ed altri centri privati operanti nel Veneto.

Alessandro Ghiro Presidente CIA – Confederazione Italiana Agricoltori del Veneto
Si condivide la filosofia di fondo, ma vanno chiariti alcuni particolari aspetti al fine di tutelare i redditi e la competitività delle imprese. Concordiamo con la filosofia di fondo che anima la riforma, con la quale si dà una svolta radicale al settore, chiediamo, però, un forte impegno del Governo per il mantenimento delle risorse comunitarie per il sistema vitivinicolo nazionale. Restano, comunque, fondamentali alcuni aspetti sui quali occorre avere le opportune certezze. Essi riguardano la garanzia del potenziale vitivinicolo italiano, la gestione razionale ed equilibrata dell’eventuale estirpazione con il pieno coinvolgimento dei produttori e delle istituzioni, lo sviluppo regolato e monitorato dei nuovi impianti. Si sollecitano adeguate garanzie per la qualità e le caratteristiche che contraddistinguono le nostre produzioni vinicole a denominazione d’origine. Infine, invitiamo il Governo italiano a coinvolgere tutta la filiera vitivinicola nel negoziato e nella gestione della difficile fase di transizione e applicazione della riforma OCM. Questo per tutelare al meglio i produttori, evitando così che vi siano ripercussioni negative sui redditi e sulla competitività delle imprese che operano nel settore.

Coldiretti Veneto
Con lo stop allo zuccheraggio, è stato raggiunto lo storico obiettivo di mettere fine a una pratica ingannevole e lesiva degli interessi dei vini di qualità. La riteniamo una proposta condivisibile in quanto si tratta di una richiesta sollevata anche dall’organizzazione degli imprenditori agricoli. Se è vero che è stato adeguato il budget finanziario anche grazie all’intervento del Vicepresidente della Commissione Franco Frattini, restano ancora da negoziare – conclude la Coldiretti – importanti aspetti applicativi: dalle denominazioni alle pratiche enologiche fino all’etichettatura dei vini da tavola.

Guidalberto di Canossa Presidente Confagricoltura Veneto
La proposta di riforma dell’OCM vino presentata di recente dalla Commissione Europea è estremamente pericolosa per il sistema vitivinicolo veneto e, come tale, deve essere necessariamente modificata. In quest’anno di dibattito che ha preceduto la presentazione della proposta, abbiamo più volte sottolineato come il comparto debba essere sostenuto con politiche di riorganizzazione dell’offerta e con programmi di promozione, ma la Commissione non ha ascoltato le istanze dei nostri produttori. Le azioni proposte dalla Commissione, infatti, sono inefficaci rispetto alle problematiche della vitivinicoltura italiana e veneta in particolare, a cominciare dalla prevista ingente estirpazione, nonostante la superficie vitata comunitaria mostri un trend in netta diminuzione (l’OIV ha stimato una riduzione delle superfici vitate comunitarie dal 2000 al 2006 di 200.000 ha). La proposta di OCM, inoltre, si preoccupa della sovrapproduzione di vino e del sostegno ai redditi dei viticoltori, ma contemporaneamente propone la liberalizzazione degli impianti, tramite la quale si perderebbe il controllo della gestione del potenziale viticolo, con rischi di eccessiva crescita delle superfici e di una caduta del valore della produzione. La proposta di riforma, quindi, spinge ad una maggiore competitività sul mercato globale ma allo stesso tempo svilisce quelle tradizioni enologiche che pongono le produzioni del Veneto ai massimi livelli. L’unica nota positiva è rappresentata dal mantenimento del divieto di zuccheraggio: un principio fondamentale per la tutela della vocazione produttiva italiana e che andrà assolutamente difeso, in un negoziato che si presenta arduo.

Copa-Cogeca
La filiera vitivinicola europea si trova in una situazione di contrasto: mentre il mercato mondiale è in espansione, cambiano le abitudini di consumo in Europa, il mercato vitivinicolo subisce ancora le conseguenze del raccolto record del 2004 e i Paesi terzi ricorrono a strategie di vendita sempre più aggressive, quindi si ritiene necessario procedere alla sua revisione. La futura organizzazione comune di mercato del settore vitivinicolo deve essere forte e dinamica, essa deve contenere una serie di misure coerenti e idonee a modernizzare la filiera vitivinicola europea e a recuperare, e persino incrementare, le quote di mercato della stessa. Le misure di promozione, sempre incentrate su un consumo moderato, sono importanti soprattutto sul mercato interno, che rappresenta il 60% dei consumi mondiali e una percentuale significativa delle vendite di vino europeo. Il bilancio deve essere mantenuto e destinato all’introduzione di misure positive volte a infondere dinamismo alla filiera. C’è la necessità di difendere e di salvaguardare la cultura e le migliori tradizioni della viticoltura europea, giacché esse rappresentano la sua forza e la sua unicità. Soltanto se si sfrutteranno tali carte vincenti, sarà possibile portare a termine una riforma dell’OCM vitivinicola coronata da successo. Un successo che presuppone che le pratiche enologiche, vale a dire i modi secondo i quali è prodotto il vino, siano connaturate alla definizione stessa del vino. Respingiamo la proposta della Commissione nella sua attuale formulazione perché, in un momento in cui il settore vitivinicolo ha bisogno di maggior dinamismo, essa propone di smantellare l’OCM per instaurare nell’UE un modello vitivinicolo ricalcato su quello del “nuovo mondo”. La riforma non può escludere i principali attori della filiera, vale a dire i viticoltori e le loro cooperative. Il COPA e la COGECA continueranno a porsi come forza propositiva nel corso del processo di esame della proposta legislativa.

Luciano Piona Presidente UVIVE – Unione Consorzi Vini Veneti D.O.C.
Seppur condividendo la necessità di una nuova OCM ci pare che la proposta avanzata non tuteli a sufficienza le produzioni D.O.C.. La liberalizzazione degli impianti, anche in un futuro non prossimo, svilirà il valore degli investimenti fatti dagli agricoltori negli ultimi anni e comunque aprirà uno spazio alla viticoltura a bassi costi in zone non vocate, ciò significa una pericolosa concorrenza per le zone storiche. Se a questo aggiungiamo le modifiche proposte per l’etichettutura ci pare che lo scenario sia veramente preoccupante. Si vede invece positivamente la riallocazione degli aiuti che, tolti all’arricchimento dei mosti, allo stoccaggio ed alla distillazione vanno a premiare le produzioni di qualità che hanno facile collocazione mercantile tramite azioni di marketing ed informazione. Ci preme sottolineare l’estrema delicatezza e importanza del paragrafo dedicato alle nuove pratiche enologiche che va affrontato con serenità senza inutili demonizzazioni in quanto giocano un ruolo determinante nella competizione mondiale.

Emilio Pedron Amministratore delegato GIV – Gruppo Italiano Vini
Dobbiamo prendere atto ed accettare la fine dei sostanziosi interventi economici di sostegno ai prezzi e alle eccedenze di produzione: distillazioni preventive e di sostegno, aiuti allo stoccaggio, etc. Interventi che spesso hanno provocato profonde distorsioni produttive ed economiche. Benvenuta l’eliminazione dell’uso dello zucchero e degli aiuti all’arricchimento con mosti concentrati o rettificati. Ritornerà ad essere importante, anche economicamente, la gradazione naturale, diventeranno fondamentali le pratiche colturali nel vigneto. Inutile l’estirpo finanziato dei 200.000 ettari di vigneto, anche se pilotato e guidato dai vari Stati membri. Calerà il vigneto europeo, crescerà il vigneto fuori dall’Europa. Basti pensare che nel 2005 sono entrati nell’UE 12 milioni di ettolitri di vino prodotti fuori dall’Europa. Pericolosa, se non ben gestita, la liberalizzazione dell’impianto dei vigneti dal 2014. Pericoloso il permesso di valorizzare i vini da tavola con l’indicazione dell’annata e del vitigno. Può diventare una minaccia alle produzioni tipiche territoriali. Di scarsa efficacia le nuove disposizioni sulle denominazioni e la loro tutela. Troppo modesta la dotazione di mezzi attribuita alla filiera per porsi meglio sui mercati.

Paolo Bruni – Coordinamento delle Centrali Cooperative Agricole e Agroalimentari (Fedagri-Confcooperative, Legacoop Agroalimentare, Agci-Agrital e Ascat-Unci)
Non condividiamo la proposta di spendere oltre 1.000 milioni di euro del budget comunitario in cinque anni, per l’estirpazione dei vigneti, è una misura che porterà una perdita occupazionale di 320.000 addetti, considerando l’intero indotto che ruota attorno al comparto vitivinicolo europeo che si tradurrebbe in una perdita di occupazione di 80 mila addetti in Italia. Deve essere il mercato a decidere quali debbano essere gli equilibri in termini di qualità e prezzo. Negli ultimi 15 anni, l’Italia ha estirpato oltre 180.000 ettari di vigneto, senza aver recuperato una progressiva riduzione dei prezzi all’origine. Mentre andrebbe implementata la spesa per una politica di promozione e informazione responsabile, alla quale saranno riservati, secondo la proposta illustrata, solo 120 milioni di euro. Per quanto riguarda la proposta di estendere le norme di etichettatura anche ai vini da tavola, siamo contrari in quanto è una misura che svilisce i vini a denominazione di origine e toglie ai vini da tavola quella flessibilità che finora ha permesso a molti produttori di fare nuove sperimentazioni sia di prodotto che di packging necessarie per conquistare e fidelizzare nuove quote di mercato. Sull’azzeramento degli strumenti a sostegno del mercato come le distillazioni chiediamo un periodo di pashing out, necessario per individuare strategie atte a riorganizzare il sistema produttivo, dalla promozione alla commercializzazione e per dotare il comparto di sistemi di sicurezza alternativi. Per quanto riguarda l’abolizione dello zuccheraggio dei vini, pur prendendo atto della positività di tale decisione, permangono notevoli riserve in merito all’efficacia di tale misura soprattutto per quanto riguarda i controlli. La proposta comunitaria, inoltre, prevede un criterio di ripartizione del budget che, pur avendo avuto un positivo ritocco per l’Italia e la Spagna, non consente ancora di valutare se sia adeguato per le esigenze del settore. Essendoci molte cose da correggere, ci auguriamo che l’intera filiera vitivinicola italiana sappia trovarsi compatta per rappresentare una posizione univoca in sede comunitaria”.

Approfondimenti:

Qualche dato sul settore del vino nell’Unione Europea