19.03.2015 Il settore vitivinicolo veneto sempre più polarizzato tra Verona e Treviso


Tempo di bilanci per il settore vitivinicolo veneto. L’annata 2014 è stata penalizzata da un andamento climatico eccessivamente fresco e piovoso nel periodo estivo che ha creato non poche difficoltà alla difesa fitosanitaria e alla gestione dei vigneti. La professionalità dei viticoltori veneti ha consentito di limitare i danni, tuttavia la quantità di uva raccolta è scesa a 10,5 milioni di quintali, l’11,3% in meno rispetto alla vendemmia dell’anno precedente – la più produttiva degli ultimi 5 anni – e del 5,8% rispetto alla media dell’ultimo quinquennio. Da questi risultati si stima una produzione di vino di poco inferiore a 8,2 milioni di ettolitri, in calo del 9% rispetto al 2013.

La flessione produttiva non è peraltro passata inosservata, avendo provocato una situazione di insufficiente offerta di vino Prosecco a fronte di una domanda in continua crescita e in presenza di un potenziale viticolo non ancora pienamente raggiunto in Veneto. Mancherebbero infatti all’appello circa 2.000 ettari per raggiungere il massimale di 16.500 ettari.

Dai dati forniti dalla Regione Veneto relativamente alla rivendicazione delle uve si evince innanzitutto il consolidamento della polarizzazione in Veneto di due macrosistemi principali: il “Mondo Prosecco”, che comprende la DOC Prosecco e le DOCG Conegliano-Valdobbiadene e Asolo, e che produce una quantità di uva complessivamente pari al 57% del totale regionale, e il “Sistema Verona”, che include le denominazioni Valpolicella, Soave, Bardolino e Bianco di Custoza e che rappresenta il 32% della produzione di uva in Veneto. Il restante 11% è suddiviso tra le altre denominazioni, il cui peso è quindi quantitativamente modesto.

In controtendenza con le politiche comunitarie di contenimento e con il calo di oltre 100.000 ettari di vigneto osservato nell’ultima decade a livello nazionale, la superficie vitata in Veneto continua ad aumentare, essendo salita nel 2014 a circa 79.200 ettari, con un incremento del 2% su base annua e del 10% su base quinquennale. Tale aumento, che testimonia come il vitivinicolo veneto possieda, a differenza di altre regioni, ancora margini di crescita, dinamismo e porpensione all’investimento, è dovuto all’acquisto dei diritti d’impianto, il cui trasferimento autorizzato nel corso del 2014 è risultato pari a 2.114 ettari. Di questi l’81% proviene da fuori regione e circa la metà del totale è stato destinato a impianti di Pinot grigio in DO o IGT venete, mentre il 17% è stato utilizzato per impianti di Glera.

Queste due varietà occupano le prime posizioni nella graduatoria dei vitigni coltivati in Veneto, detenendo una quota rispettivamente pari al 28% e al 13% dell’intera superficie vitata. Seguono la Garganega (12%), utilizzata in gran parte per la produzione del vino Soave, il Merlot (9%) e la Corvina (8%), quest’ultima destinata alla produzione enologica della Valpolicella.

Le stime Ismea sull’esportazione di vini dal Veneto registrano per il 2014 una quantità di 6,1 milioni di quintali e un valore di poco superiore a 1,6 milioni di euro, secondo un andamento ancora in crescita ma con incrementi relativamente contenuti, rispettivamente pari al 2% e al 3% rispetto all’anno precedente.

Considerando che le vendite all’estero dei vini fermi DOP del Veneto risulterebbero in calo di circa il 3%, a sostenere le esportazioni è stato soprattutto il successo del Prosecco sui mercati internazionali. Gli spumanti veneti sarebbero infatti saliti a 1,2 milioni di quintali esportati, in aumento del 30% rispetto all’anno precedente e del 195% rispetto a 5 anni prima. Un risultato alquanto significativo, che impone l’intensificazione dei controlli nei confronti dei contraffattori e dell’impropria somministrazione del prodotto.