Prati e alberature nei Palù del Quartier del Piave

In questa pagina utili indicazioni per la gestione di prati e alberature del contesto agroambientale dei Palù del Quartier del Piave (Treviso). Testo e foto consultabili anche in formato pdf

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A – I PRATI DEI PALU’ DEL QUARTIER DEL PIAVE

Indicazioni per la conservazione, miglioramento e valorizzazione

Nel territorio dei Palù del Quartier del Piave, nei comuni di Sernaglia della Battaglia, Moriago della Battaglia, Vidor e Farra di Soligo (Treviso), vi sono diverse tipologie di prati, più o meno umidi, con una diversa composizione di specie erbacee.

La Rete Natura 2000 ha classificato con codici e specifiche tipologie i diversi habitat che si prefigge di salvaguardare in tutta Europa. Tra questi anche le formazioni prative e in particolare due di queste sono state individuate nel territorio dei Palù giustificando la particolarità ma anche la fragilità e necessità di tutela dei Palù.

Nel testo seguente analizzeremo le caratteristiche di questi due habitat

  • Habitat 6410 – Praterie con Molinia su terreni calcarei, torbosi o argilloso-limosi (Molinion caeruleae)
  • Habitat 6510 – Praterie magre da fieno a bassa altitudine

e forniremo alcune indicazioni su come meglio conservarli anche e soprattutto con interventi attivi di miglioramento. Alcune indicazioni sono simili tra i due habitat ma per maggior chiarezza preferiamo distinguerle ed eventualmente ripeterle.


NOTA BENE – Nel testo che segue le specie vegetali erbacee vengono indicate, per evitare omonimie e imprecisioni, con il solo nome scientifico (in latino). E’ possibile, in modo semplice e gratuito, trovare il nome comune di tutte le specie citate, oltre a foto e altre utili informazioni su ciascuna di esse (ad esempio, l’areale di distribuzione, eventuali proprietà officinali ecc.) nel sito www.actaplantarum.org alla sezione “Schede botaniche”. Dove possibile abbiamo già attivato nel testo il link alla scheda botanica presente in actaplantarum.org; nel caso delle “vegetazioni” si rinvia alla scheda della specie di riferimento.


1. Habitat 6410 Praterie con Molinia su terreni calcarei, torbosi o argilloso-limosi (Molinion caeruleae)

Questo habitat è caratteristico dei prati umidi relativamente oligotrofi, cioè poveri di sostanze nutritive, non soggetti a concimazione, su suoli molto umidi ma con umidità alternante e determinata da acqua di falda calcarea, tradizionalmente soggetti a gestione estensiva (sfalcio tardivo per l’ottenimento di strame e/o pascolo saltuario).

Nei Palù (Fruscalzo, 2010), ed ai fini gestionali, i prati dell’habitat 6410 sono caratterizzati da queste vegetazioni:

Molinietalia caeruleae

Aggr. a Deschampsia cespitosa, Aggr. a Carex gracilis (acuta) , Aggr. a Carex riparia

Molinion caerulae

Plantagini altissimaeMolinietum caerulae

Calthion palustris

Scirpetum sylvatici

6410: prato umido a Deschampsia cespitosa

Il molinieto s.s. appare assai raro, mentre più frequenti sono prati a Carex e, in misura minore, a Deschampsia cespitosa. In effetti il molinieto corrisponde al risultato di prolungato sfalcio in tempi storici dei cariceti, pratica ora semi-abbandonata con conseguente regresso prima dei molinieti, già oggi infatti di ridottissima superficie, e successivamente dei cariceti.

I prati umidi 6410 possono trovarsi a diretto contatto con vegetazioni più igrofile, cioè tipiche di aree umide con abbondante disponibilità d’acqua. Nei Palù queste vegetazioni sono delle comunità elofitiche (Fruscalzo, op.cit.) cioè con piante che hanno le radici costantemente in coperte d’acqua:

Phragmitetalia communis

Phragmition communis

Phragmitetum vulgaris, Typhetum latifoliae

Magnocaricion

Caricetum acutiformis, Caricetum elatae, Caricetum gracilis (acuta)

Cariceto con Scirpus sylvaticus

Tra queste, solo Caricetum acutiformis e Caricetum gracilis, in particolare quest’ultimo, sono assimilabili dal punto di vista pratico-gestionale – ma anche, in parte, del valore conservazionistico – alle praterie 6410 s.s. Nelle indicazioni gestionali che seguono, non viene fatta una puntuale distinzione tra le diverse comunità vegetali a prateria umida, poiché la ripresa dello sfalcio appare una opzione auspicabile per la conservazione di tutte le tipologie di habitat aperti. Per quanto riguarda i rapporti tra queste e le vegetazioni più marcatamente umide (canneti s.l.) viene invece precisato come assicurare, ove possibile, una equilibrata convivenza tra le due componenti che tuttavia veda favorire decisamente i prati umidi 6410 e gli altri habitat ad essi assimilabili dal punto di vista delle pratiche di gestione.

 

1.2 Cosa non fare per conservare i prati umidi 6410 ?

Vanno evitate tutte le situazioni e interventi che tendono a far regredire questi prati umidi 6410:

  • Abbandono dello sfalcio ed invasione di arbusti
  • Modifiche dei flussi di acqua idrologia, soprattutto la diminuzione di disponibilità di acqua, ma anche l’eccessivo impaludamento con avanzata di canneti e magnocariceti
  • Apporto di nutrienti, anche indiretto tramite acqua di falda eutrofizzata da eventuali aree ad agricoltura intensiva
  • Scomparsa del mosaico di habitat che comprende anche fasce contermini a canneti e magnocariceti che fungano da “tampone”
  • Pascolo reiterato e con elevato carico per diverse stagioni vegetative consecutive
  • Uso di macchine pesanti per lo sfalcio, con costipazione dei suoli.

Ricordiamo infine che vanno in ogni caso rispettate le Misure di Conservazione per l’area SIC IT3240015 allegate alla Delibera di Giunta della Regione Veneto 786/2016 e alla Delibera di Giunta della Regione del Veneto 1331/2017.

 

1.3 Cosa fare per conservare i prati umidi 6410 ?

Innanzitutto, considerando la caratteristica di prati umidi, va conservata e soprattutto ristabilita la funzionalità del modello idraulico dei Palù, assicurando un adeguato apporto idrico, evitandone il drenaggio. Lo stato di idratazione del suolo dovrà seguire le tradizionali variazioni stagionali.

Per quanto riguarda invece l’utilizzo della risorsa prato si possono dare queste indicazioni:

  • Ottimale: sfalcio tardo estivo (dal 1 agosto) ed asportazione dello sfalciato una volta/anno, con mezzi leggeri e terreno asciutto
  • Subottimale: rotazione, cioè ad anni alterni, tra sfalcio – vedi punto precedente – e pascolo – vedi successivo punto “sufficciente”
  • Sufficiente: pascolo, purché tardivo (da agosto) e per non oltre un mese
  • Con possibili criticità: pascolo per periodi maggiori; da escludere in modo rigoroso nei mesi primaverili ed inizio estate.

Per il pascolamento,è necessario definire ed indicare mediante tabellazione sul territorio delle aree circoscritte da destinarsi allo stazionamento notturno degli animali pascolanti, da individuare su superfici “non habitat”, ovvero prive delle caratteristiche di 6410 e 6510.

Considerato lo scarso valore nutritivo della biomassa erbacea ritraibile da prati umidi 6410, questa in caso di sfalcio può essere impiegata solo come lettiera per il bestiame o anche come materiale compostabile o utilizzabile, se possibile mediante arricchimento in azoto, per incrementare la sostanza organica dei suoli a seminativo/prato circostanti. Si è infatti riscontrato l’impiego attuale, da parte di alcuni agricoltori locali, del fogliame derivante dalle siepi che viene usato allo scopo.

Considerata l’importanza conservazionistica dei 6410 del Quartier del Piave e visto che lo sfalcio ed asporto della biomassa è individuata come migliore opzione per la qualità dell’habitat, una interessante prospettiva per valorizzare diversamente la risorsa erba di questi prati potrebbe essere l’attivazione di una micro-filiera corta della sostanza organica e del compost dei Palù.

Inoltre, è ipotizzabile l’impiego del materiale sfalciato e successivamente trinciato per ammendare i suoli non letamati classificati come 6510 (vedi capitolo successivo).

1.4 Cosa fare per migliorare i prati umidi 6410 ?

a) Rimozione piante legnose pioniere e recupero funzionale-compositivo delle siepi

Come detto anche nel capitolo dedicato alle alberature dei Palù, va assolutamente evitata la trasformazione in “prebosco” delle fasce prative perimetrali.

La siepe va contenuta nel suo sviluppo strettamente lineare e vanno rimosse o fortemente contenute le specie arboree più invasive, come pioppo e platano, specie quest’ultima che rilascia al suolo un fogliame poco decomponibile che si accumula degradando il prato.

b) Arricchimento floristico con specie di particolare rarità

L’impianto di specie erbacee tra quelle più rare e/o rappresentative e sotto elencate, può avvenire in autunno, impiegando piantine con pane di terra ottenute da seme locale, in modo diffuso sulle superfici oggetto di intervento.

c) Conversione di seminativo a prato 6410

Una possibilità per potenziare la presenza di questi habitat è quella di convertire a prato superfici ora destinate a seminativo. Questa pratica è anche incentivata da contributi economici europei (vedi https://venetorurale.it/ambiente/intervento-5/ ).

Le fasi di intervento possono essere così sintetizzate:

  • La preparazione del terreno
    • rilievo preliminare della flora presente nell’appezzamento.
    • Se risultasse presente flora invasiva (es. Artemisia verlotiorum, Sorghum halepense ecc.) si procede nel corso della stagione estiva con ripetute trinciature che ne prevengano la disseminazione, monitorando man mano la situazione;
    • Ove possibile effettuare una decorticazione, cioè asportare lo strato superficiale di suolo – circa 10 cm, operazione da valutare in base al livello medio di falda rilevato;
    • a metà settembre effettuare una erpicatura del terreno;
    • attendere la successiva germinazione delle erbe indesiderate (“falsa semina”)
    • eliminare le erbe indesiderate con una ulteriore erpicatura.
  • Individuazione di un “prato donatore” (cioè un prato classificato come 6410 dal quale verrà prelevato il fieno necessario alla realizzazione del nuovo prato).
  • Sfalcio dell’erba dal prato donatore a fine giugno, al massimo ai primi di luglio (dipende dall’andamento climatico). Avere cura di fare asciugare lo sfalcio per due-tre giorni con un delicato rivoltamento, poi realizzazione di rotoballe, se possibile non troppo grandi. Evitare la raccolta nelle fasce più prossime a eventuali strade o terreni disturbati.
  • Conservazione delle rotoballe sotto ombra, senza avvolgimento plastico, fino all’autunno
  • Sul terreno di destinazione preparato come da punto a., portare le balle, che vanno sciolte e il fieno distribuito con forcone e rastrello, in ragione di circa 100 g/mq (1 mq sfalciato fa circa 2 mq seminati) con distribuzione di uno strato di fieno (circa 2-3 cm di spessore). Questo si fa da fine settembre in poi, condizioni meteo permettendo (ottimo attorno all’1 ottobre,  tra il 25-30 settembre e il 15-20 ottobre).

La permanenza di medio-lungo periodo del nuovo prato 6410 va garantita con lo sfalcio come indicato in precedenza. Per i primi 2 anni dopo la semina va invece effettuata una trinciatura con rilascio del materiale trinciato in loco per migliorare il terreno.

 

2. Habitat 6510 Praterie magre da fieno a bassa altitudine

Questo habitat è caratteristico dei prati ricchi di specie, falciati e concimati in modo non intensivo (sfalci 2 –3 /anno – concimazione organica adeguata agli asporti, solo mediante letamazione.

Nei Palù (Fruscalzo, 2010), soprattutto ai fini gestionali, nei prati classificati come 6510 si possono fare rientrare le seguenti vegetazioni:

Arrhenatheretalia elatioris

Arrhenatherion elatioris

Centaureo carniolicaeArrhenatheretum elatioris,   Poo sylvicolaeLolietum multiflori, Poo sylvicolae – Lolietum multiflori leucojetosum aestivi

Cynosurion

Lolietum perennis

Potentillo-Polygonetalia

Potentillion anserinae

Juncetum macri, Junco compressi – Trifolietum repentis, Aggr. a Carex acutiformis , Aggr. a Gratiola officinalis

Le ultime 4 vegetazioni sono le “versioni” più umide e più simili ai prati con Carex citati per l’habitat 6410. Per contro, la prima tipologia di vegetazione (Arrhenatherion elatioris) rappresenta l’aspetto più tipico di 6510, del quale nei Palù è maggiormente frequente la tipologia relativamente più umida, della quale un fedele indicatore è Lychnis flos-cuculi, mentre di suoli più asciutti testimoniano Filipendula vulgaris e Salvia pratensis.

Prato 6510 umido con Lychnis flos-cuculi (fiori rosa) Prato 6510 asciutto con abbondante Salvia pratensis (fiori blu-viola)

 

2.1 Cosa non fare per conservare i prati 6510 ?

Vanno evitate tutte le situazioni e interventi che tendono a far regredire questi prati umidi 6510:

  • Abbandono dello sfalcio ed invasione di arbusti
  • Pascolo reiterato per diverse stagioni vegetative consecutive
  • Trasemina con foraggere commerciali di interesse produttivo
  • Forzatura con sovra-concimazione, in particolare smaltimento di liquami da stalle ad allevamento intensivo e concimazione azotata con concimi chimici
  • Incremento del numero degli sfalci (maggiore di 3/anno)
  • Eccessivo anticipo del primo sfalcio (prima della fioritura di gran parte delle specie, incluse graminacee dominanti).

Ricordiamo infine che anche per questo habitat vanno rispettate le Misure di Conservazione per l’area SIC IT3240015 allegate alla Delibera di Giunta della Regione Veneto 786/2016 e alla Delibera di Giunta della Regione del Veneto 1331/2017.

2.2 Cosa fare per conservare i prati 6510 ?

Per quanto riguarda l’utilizzo della risorsa prato, compatibili con la sua conservazione, si possono dare queste indicazioni, a decrescenti effetti positivi:

  1. Ottimale: 2-3 sfalci/anno di cui il primo tardo primaverile, circa a fine fioritura delle principali graminacee (giugno). Poiché solo l’ottenimento di fieno di qualità idonea alle esigenze degli allevatori garantisce la conservazione di lungo periodo dell’habitat mediante sfalcio, basandosi su Tomasi et al (2011) si ammette, in caso di impiego del fieno a scopi zootecnici, lo sfalcio in corrispondenza della spigatura delle principali graminacee (circa metà maggio). L’operazione va effettuata con mezzi leggeri e terreno asciutto nei casi delle tipologie più igrofile precedentemente descritte; concimazione organica mediante letamazione. Nel caso di impossibilità di letamazione, per arricchire il suolo in sostanza organica reintegrando almeno parte della dotazione minerale sottratta con lo sfalcio si può procedere, alternativamente o in modo integrato, con una trinciatura e rilascio in loco del trinciato una tantum (quindi in sostituzione di un turno di sfalcio) e/o con la distribuzione di materiale trinciato ottenuto da biomassa sfalciata e asportata dai 6410 e simili formazioni igrofile (vedasi scheda relativa).
  2. Subottimale: 2 sfalci annui e un turno di pascolamento autunnale;
  3. Con possibili criticità: pascolo per periodi maggiori; da escludere in modo rigoroso nei mesi primaverili ed inizio estate.

Per il pascolamento,è necessario definire ed indicare mediante tabellazione sul territorio delle aree circoscritte da destinarsi allo stazionamento notturno degli animali pascolanti, da individuare su superfici “non habitat”, ovvero prive delle caratteristiche di 6410 e 6510.

2.3 Cosa fare per migliorare i prati 6510 ?

a. Rimozione piante legnose pioniere e recupero funzionale-compositivo delle siepi

Vale quanto già detto per i prati 6410: evitare assolutamente la trasformazione in “prebosco” delle fasce prative perimetrali.

La siepe va contenuta nel suo sviluppo strettamente lineare e vanno rimosse o fortemente contenute le specie arboree più invasive, come pioppo e platano, specie quest’ultima che rilascia al suolo un fogliame poco decomponibile che si accumula degradando il prato.

b. Conversione di seminativo a prato 6510

Una possibilità per potenziare la presenza di questi habitat è quella di convertire a prato superfici ora destinate a seminativo. Questa pratica è anche incentivata da contributi economici europei (vedi https://venetorurale.it/ambiente/intervento-5/ ).

Le fasi di intervento possono essere così sintetizzate:

1.Preparazione del terreno

    • rilievo preliminare della flora presente nell’appezzamento.
    • Se risultasse presente flora invasiva (es. Artemisia verlotiorum, Sorghum halepense ecc.) si procede nel corso della stagione estiva con ripetute trinciature che ne prevengano la disseminazione;
    • a metà settembre erpicatura del terreno;
    • attendere la successiva germinazione delle erbe indesiderate (“falsa semina”)
    • eliminare le erbe indesiderate con una ulteriore erpicatura.

2. Individuazione “prato donatore” (cioè un prato classificato come 6510 dal quale verrà prelevato il fieno necessario alla realizzazione del nuovo prato): in caso di terreno umido, scegliere prati donatori contrassegnati dalla presenza di Lychnis flos-cuculi (con dominanti Poa e Carex); in caso di terreno asciutto, scegliere prati donatori contrassegnati dalla presenza di Filipendula vulgaris, Salvia pratensis (con dominante avena altissima – Arrhenatherum elatius).

3. Sfalcio dell’erba dal prato donatore a fine giugno – massimo primi di luglio (dipende dall’andamento climatico). Avere cura di fare asciugare lo sfalcio per due tre giorni con un delicato rivoltamento, poi realizzazione di rotoballe, se possibile non troppo grandi. Evitare la raccolta nelle fasce più prossime a eventuali strade o terreni disturbati.

4. Conservazione delle rotoballe sotto ombra, senza avvolgimento plastico, fino all’autunno

5. Sul terreno di destinazione preparato come da punto 1), portare le balle, che vanno sciolte e il fieno distribuito con forcone e rastrello, in ragione di circa 100 g/mq (1 mq sfalciato fa circa 2 mq seminati) con distribuzione di uno strato di fieno (circa 2-3 cm di spessore). Questo si fa da fine settembre in poi, condizioni meteo permettendo (ottimo attorno all’1 ottobre,  tra il 25-30 settembre e il 15-20 ottobre).

La permanenza di medio-lungo periodo del nuovo prato 6510 va garantita con lo sfalcio come indicato al paragrafo “Indicazioni per la gestione ordinaria”. Per il primo anno dopo la semina va invece effettuata una trinciatura con rilascio del materiale trinciato in loco per migliorare il terreno.

c. Arricchimento compositivo di prato semplificato con specie del 6510

E’ possibile avviare la conversione a forme prossime al 6510 di prati intensivi costituiti con semente commerciale. In tal caso si può procedere alternativamente in due modi, dei quali il primo è preferibile (i due metodi possono essere anche combinati): entrambi i metodi portano in particolare ad un incremento delle dicotiledoni, con positivi effetti ambientali, purché la gestione successiva non rimanga intensiva e si assimili a quella già indicata al paragrafo sulle modalità gestionali.

  • Come al punto precedente, con l’unica differenza al sub-punto a., il quale è sostituito dal seguente: praticare l’ultimo taglio del prato esistente a inizio settembre, sfalciando rasoterra; erpicare
  1. Praticare ultimo sfalcio ad ottobre; successivamente arricchire mediante impianto diffuso di circa 2000 piantine/ha di piante in contenitore di specie “a fiore” quali ad es. Achillea roseo-alba, Centaurea nigrescens ssp. nigrescens, Crepis biennis, Knautia arvensis, Filipendula vulgaris, Trifolium pratense ssp. pratense, Leucanthemum vulgare, Tragopogon pratensis, Lychnis flos-cuculi, alle quali viene affidato il compito di disseminare negli anni successivi.

La permanenza di medio-lungo periodo del nuovo 6510 va garantita con lo sfalcio come indicato in precedenza.

Prato 6510 asciutto con Filipendula vulgaris (infiorescenze bianche) Prato 6510 umido con Iris sibirica, specie iconica dei Palù che cresce sia nelle formazioni igrofile afferenti al prato 6410 che nei prati 6510 non troppo asciutti. Nella foto si nota abbondante Anthoxanthum odoratum, graminacea che conferisce particolare profumo e gradevolezza al fieno: questi prati possono fungere da “donatori”.

 

Vuoi approfondire queste indicazioni?

Chiedi informazioni ai professionisti e ai tecnici delle Organizzazioni agricole, al personale di Veneto Agricoltura, Centro Biodiversità Vegetale e Fuori Foresta – Montecchio Precalcino (VI) Via Bonin-Longare, 36030 Montecchio Precalcino (VI) tel. 049.8293980 e-mail: vivaio@venetoagricoltura.org

Guarda su YouTube (https://youtu.be/yIPhLTrhMu0) il video che descrive come piantare le specie erbacee nei prati.

Letteratura citata e consultata

ANNEX VII – Factsheets grassland habitat group Annex to the Input Document for the Second Alpine Natura 2000 Seminar 21 – 23 June 2017, Padova, Italy.

Fruscalzo G., 2010 – Individuazione e analisi fitoecologica delle unità ambientali del territorio del SIC “Palù del Quartiere del Piave”, Università Ca’ Foscari Venezia, tesi di dottorato, XX ciclo.

Lasen C., Wilhalm T. – 2004 – Natura 2000 Habitat in Alto Adige. Provincia Autonoma di Bolzano.

M Tälle, B Deák, P Poschlod, O Valkó, L Westerberg 2016 – Grazing vs. mowing: a meta-analysis of biodiversity benefits for grassland management – Agriculture, Ecosystems & Environment, Mowing for biodiversity: grass trimmer and knife mowerperform equally wel

Scariot A., Zanatta K., 2017 – Valorizzazione e promozione dei Palu’ del quartier del Piave – studio dei prati stabili. Relazione finale. Comune di Sernaglia della Battaglia.

Scotton M., Kirmer A., Krautzer B. – Manuale pratico per la raccolta di seme e il restauro ecologico delle praterie ricche di specie – CLEUP, Cooperativa Libraria Editrice Università di Padova

Tälle, M. 2018. Conservation of semi-natural grasslands: Effects of different management methods on biodiversity. LiU-Tryck, Linköping, Sweden, 2018 Mowing for biodiversity: grass trimmer and knife mower perform equally wel

M Tälle, B Deák, P Poschlod, O Valkó, L Westerberg 2016 – Grazing vs. mowing: a meta-analysis of biodiversity benefits for grassland management – Agriculture, Ecosystems & Environment,

Tomasi M., Odasso M., Sottovia L. (a cura di) – 2011 – Linee guida per la gestione degli habitat di interesse comunitario in Trentino. LIFE11/NAT/IT000187 T.E.N.

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B – LE ALBERATURE NEI PALU’ DEL QUARTIER DEL PIAVE

Indicazioni per la conservazione, miglioramento e valorizzazione

1. Quale è lo stato delle alberature nei Palù?

La presenza di alberature lungo il perimetro dei prati è l’elemento che caratterizza l’ambiente dei Palù.

La struttura principale delle siepi dei Palù, secondo il modello benedettino, è un grande frangivento che vede il regolare alternarsi di individui di farnia ad alto fusto, con specie arboree governate a ceppaia e a capitozza (per la produzione di legname da opera e da ardere) e arbusti per la raccolta di bacche, erbe medicinali e commestibili.

I filari ai due lati di un corso d’acqua distano mediamente 3 metri.

Gli apparati radicali delle specie arboree e arbustive consolidano le sponde dei fossati, evitando l’azione erosiva dell’acqua nei periodi di piena e i fenomeni franosi. Al contempo usufruiscono e beneficiano della presenza dell’acqua.

La farnia rappresenta la specie arborea più rilevante, per l’adattabilità alle condizioni specifiche dell’area dei Palù, ma soprattutto per l’elevata qualità del legname ritraibile e per l’impiego storico delle ghiande nell’allevamento dei suini.

Le siepi attuali sono formate principalmente da piante arboree, la maggior parte di grandi dimensioni a causa del mancato utilizzo e dall’assenza di manutenzioni che nella maggior parte dei casi non vengono effettuati ormai da molti anni.

Le piante arboree attualmente presenti si sviluppano principalmente su due livelli: un piano dominato dove svettano la farnia, il salice, il pioppo ed il platano, ed un piano dominato dove troviamo l’acero campestre, l’orniello, l’ontano nero ed il carpino nero.

Il piano arbustivo invece risulta sempre assai semplificato con la presenza prevalentemente del nocciolo.

Lungo le siepi le piante arboree appartenenti alle specie a più rapido accrescimento si sono sviluppate in diametro ed altezza, deprimendo le specie arbustive provocandone la scomparsa e una conseguente semplificazione della composizione, differenziandosi dalla composizione e dalla struttura originaria.

Numerosi sono infatti gli individui stramaturi di pioppo, platano e salice che presentano segni di evidente decadimento. Gli esemplari più maestosi sono rappresentati da individui di platano, a volte singoli, altre in nuclei di 3 o 4 evidente segno di ceppaie in abbandono.

Molte le farnie monumentali di grandi dimensioni, spesso ravvicinate tra loro sulla stessa fila, oppure su una fascia allargata, più raramente isolate.

2 Quali possono essere i principali interventi di ripristino della struttura originale delle siepi dei Palù ?

Eliminare le specie non tradizionali

La massiccia presenza di pioppo e platano, specie quest’ultima caratterizzata da fogliame deciduo difficilmente degradabile, produce grandi quantità di lettiera che si accumula a lungo sul terreno compromettendo notevolmente la qualità del foraggio derivante dai prati. E’ consigliata la rimozione di queste specie in modo da poter poi permettere la ricostituzione di una siepe tradizionale razionale.

Contenere lo sviluppo delle piante sul prato

La mancata gestione di gran parte delle siepi ha comportato una conseguente colonizzazione delle aree di prato ad esse adiacenti, dove si è sviluppata una fittissima e rigogliosa rinnovazione di farnia.

Per ripristinare le superfici dei prati e la conseguente linearità delle siepi si rende necessario una puntuale rimozione delle giovani piantine, intervenendo con una trinciatura e successiva fresatura delle superfici interessate a 15-20 cm di profondità (o manualmente ove necessario).

Eliminare rimboschimenti artificiali

Alcune superfici a prato sono state interessate da recenti rimboschimenti artificiali di latifoglie quali prevalentemente platano, frassino ossifillo, acero di monte. Le piante presentano dimensioni ancora modeste con diametri mediamente di 8-12 cm e sono disposte in filari paralleli distanziati 3-3,5 m tra una fila e l’altra e 1,5-2 metri all’interno della fila. Le chiome dei giovani alberi non sono ancora sufficientemente sviluppate da aver causato la scomparsa delle specie erbacee costituenti i prati, di conseguenza anche in questo caso, l’obiettivo della salvaguardia degli habitat e del ripristino della linearità delle siepi comporta la necessaria eliminazione delle specie arboree. Si dovrà quindi procedere alla ceduazione di questi filari artificiali con successiva fresatura delle ceppaie ad almeno 30 cm di profondità. Prima è ovviamente opportuno asportare e smaltire la pacciamatura plastica ancora presente, posata al momento della messa dimora delle piante e che attualmente si presenta spesso frammentata.

Gestire rimboschimenti causati dall’abbandono

Sono presenti inoltre alcune superfici in cui gli habitat a prato sono definitivamente scomparsi in quanto, a seguito della prolungata assenza di sfalci, sono state oggetto di rimboschimenti naturali dove gli elementi arborei hanno ormai raggiunto una densità tale da causare un continuo ombreggiamento al suolo. E’ preferibile lasciare queste aree ormai come giovani boschi all’evoluzione procedendo con eventuali sfolli e ceduazione delle specie adatte alla produzione di biomassa da energia. La presenza della Robinia, specie esotica e altamente invasiva presente con individui di medio-piccole dimensioni, può essere contrastata solo con il suo progressivo invecchiamento al fine di evitare il riscoppio dei polloni radicali che andrebbero sicuramente a colonizzare gli habitat a prato.

 

3 Come realizzare nuove siepi o recuperare siepi tradizionali?

Sulla base di una attenta valutazione della siepe su cui vogliamo intervenire possiamo scegliere du tipi di intervento:

  • Procedere ad un recupero di siepi già esistenti che presentano ancora una buona composizione secondo la struttura tipica benedettina
  • Procedere alla realizzazione di una nuova siepe creando una nuova struttura secondo nuovo schemi di impianto meglio descritti nel box successivo.

In entrambi i casi, specie per l’impianto di nuove siepi, potrà essere necessario eliminare alcune piante presenti lungo il filare. Tali piante possono essere di altofusto, polloni normalmente o molto sviluppati, alberi governati a capitozza ed arbusti di varie dimensioni.

E’ opportuno mantenere solamente le piante di grandi dimensioni, quelle che in qualche modo presentano un aspetto monumentale e per tale motivo hanno un valore “storico”; possono essere di diverse specie: si possono mantenere piante monumentali di farnia, mentre per le grosse piante di pioppo o salice, è preferibile procedere con il loro abbattimento e con l’estirpazione della ceppaia. Queste ultime specie infatti, presentano un legno più tenero ed una minore longevità; per questo sarebbero comunque a rischio di schianto o comunque rotture di grossi rami, parte del tronco e marciumi del legno che ne compromettono la stabilità.

Tutte le altre piante, grandi o piccole, potranno essere eliminate, comprese le ceppaie, in modo da fare spazio sia nel soprassuolo che nel terreno, alla piantumazione delle piantine che costituiranno le nuove tipologie dei filari. Si consiglia, per avere un minore impatto visivo, di eliminare le piante in modo graduale, agendo cioè come fosse una specie di “diradamento”: al primo taglio si eliminano 1/3 delle piante, alternandole sul filare ai 2/3 delle piante che vengono invece lasciate. Dopo 2 anni si procederà a tagliare un ulteriore terzo delle piante , sempre alternandole sul filare al terzo delle piante che rimane in piedi, ed infine dopo ulteriori 2 anni si toglierà l’ultimo terzo di piante che si aveva deciso di eliminare.

Tutte le piante che invece sono cresciute ai lati del filare o in pieno campo vanno eliminate.

Nei modi sopra descritti, si verranno a produrre gli spazi necessari per la messa dimora delle nuove piante, le quali poi negli anni andranno a formare le siepi con le strutture e le composizioni originarie.

Per la messa a dimora delle nuove piante si opererà in modo diverso a seconda che:

  • A – si procede ad un recupero di siepi già esistenti che presentano ancora una buona composizione secondo la struttura tipica benedettina
  • B – si procede alla realizzazione di una nuova siepe creando una nuova struttura secondo nuovo schemi di impianto meglio descritti nel box successivo.

A – Recupero di siepi già esistenti che presentano ancora una buona composizione secondo la struttura tipica benedettina

Qui bisognerà operare in modo puntiforme, o per tratti di siepe; negli spazi dove verrà messa dimora la piantina il terreno deve essere preparato utilizzando una trivella a motore del diametro di almeno 20-30 cm che realizzerà una buca di 30 cm di profondità. Successivamente tale buca verrà riempita con il terreno di risulta della perforazione e, qui dentro, verrà posizionata la piantina con pane di terra con il colletto al livello del terreno. Si procederà con una leggera compattazione del terreno attorno al pane di terra, assicurandosi di riempire bene eventuali spazi vuoti e si posizionerà un collare o quadrotta pacciamante in materiale biodegradabile (come fibra di cocco o juta) del diametro di 40 cm. Successivamente verrà posizionato uno shelter di protezione da fauna selvatica dell’altezza di circa 90 cm.

B – Realizzazione di una nuova siepe creando una nuova struttura secondo nuovo schemi di impianto meglio descritti nel box successivo

In questo caso si può procedere lungo l’asse di realizzazione della siepe con una fresatura del terreno ad una profondità di  20-30 cm, lungo una fascia larga 1,5 metri. Seguirà poi la posa di telo pacciamante della larghezza di 1,20 m e la messa a dimora della piantina con pane di terra, potendosi aiutare con un “bastone tra piantatore”. Si procederà poi con una leggera compattazione del terreno attorno al pane di terra, assicurandosi di riempire bene eventuali spazi vuoti e vi si posizionerà uno shelter di protezione da fauna selvatica dell’altezza di circa 90 cm. Dopo 3 anni dall’impianto, quando ormai le giovani piantine si saranno affrancate, si dovrà aver cura di rimuovere completamente il telo pacciamante.

 

In entrambi i casi, nei giorni appena dopo l’impianto, ma anche nei mesi successivi fino al termine dell’estate, a seconda dell’andamento stagionale dal punto di vista delle piogge, potrà rivelarsi necessaria una irrigazione di soccorso.

Il materiale vegetale da utilizzare sarà costituito da semenzali di 1 o 2 anni in pane di terra e dovrà rispettare il Decreto Legislativo 10/11/2003, n. 386 – Attuazione della direttiva 1999/105/CE relativa alla commercializzazione dei materiali forestali di moltiplicazione.

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NUOVI SCHEMI DI IMPIANTO PER NUOVE SIEPI

Dove le alberature sono state in passato eliminate o dove vogliamo ricostruire in siepi esistenti una composizione più equilibrata, possiamo intervenire piantando specie autoctone, secondo schemi di impianto che prevedano piante ad alto fusto (come la Farnia) alternate a quelle a capitozza e a quelle a ceduo e arbusti, nel rispetto dell’antico modello benedettino.

Nei moduli 2) e 3) si è volutamente aumentata la distanza tra le farnie per ridurre l’ombreggiamento sui prati. Se le siepe ha tra le finalità la produzione di legname di qualità è consigliabile l’impiego di arbusti della stessa specie ai lati della pianta principale (farnia); gli arbusti ai due lati di un albero possono infatti svolgere un ottimo ruolo nell’accompagnarne la crescita, influendo positivamente in particolare sul portamento dell’albero stesso.

 

Nella tabella si riporta infine una selezione delle principali specie arboree e arbustive da impiegare per il miglioramento compositivo strutturale delle siepi esistenti o per la realizzazione di siepi ex-novo.

Alberi modalità di gestione
Quercus robur – Farnia alto fusto
Salix alba – Salice bianco a capitozza
Acer campestre – Acero campestre a ceppaia
Carpinus betulus – Carpino bianco a ceppaia
Fraxinus ornus – Orniello٭ a ceppaia
Alnus glutinosa – Ontano nero a ceppaia

(*) nei siti più aridi

 

Arbusti
Viburnum opulus – Pallon di maggio
Euonymus europaeus – Fusaggine
Ligustrum vulgare – Ligustrello
Sambucus nigra – Sambuco nero
Crataegus monogyna – Biancospino
Cornus sanguinea – Sanguinella

4 Come procedere in caso di abbattimento?

Nei casi di abbattimento degli alberi per successiva ricostruzione della siepe o per utilizzo anche di singole piante per legna da opera o da energia, è necessario procedere in maniera differenziata secondo le situazioni e le finalità.

In ogni caso è sempre indispensabile procedere garantendo:

  • la sicurezza dell’operatore e delle persone che possono essere anche causalmente presenti nell’area
  • il corretto ottenimento del prodotto che vogliamo ricavare (legna da ardere o da opera) evitando spaccature del legno, danneggiamenti del prodotto, ecc.
  • la tutela delle piante che eventualmente si è deciso di mantenere in piedi lungo il filare
  • la tutela delle canalette e soprattutto dei prati limitrofi evitando danneggiamenti per uso di macchinari troppo pesanti o in situazioni climatiche avverse; ovviamente un minimo di impatto sul cotico erboso è inevitabile; vanno quindi previsti interventi di ripristino con leggere lavorazioni e trasemine che possono efficacemente ripristinare tali situazioni di temporanea alterazione dei luoghi.

Quindi le operazioni di abbattimento delle piante, esbosco della biomassa ed eliminazione delle ceppaie sono operazioni che vanno effettuate con la massima cura, con mezzi adeguati e soprattutto da imprese con personale esperto.

4.1 Abbattimento degli esemplari di altofusto

In molte siepi dei Palù, le farnie sono presenti con esemplari di dimensioni monumentali; a volte questi esemplari si susseguono sulla fila a distanze relativamente ravvicinate, a volte che si concentrano in nuclei di diversi esemplari non più dislocati nella fila, ma che debordano lateralmente invadendo le aree a prato.

Le operazioni da effettuare, se si vuole ricostituire la tipologia di siepe tradizionale con compresenza di farnia d’alto fusto, alberi capitozzati ed alberi ceduati, sono quelle di:

  • selezionare le farnie da rilasciare e quelle da abbattere
  • effettuare gli abbattimenti in modo da non danneggiare le altre piante presenti e contemporaneamente preservare il valore dei tronchi dal punto di vista del legname di pregio
  • eliminare le ceppaie in profondità e ripristinare il terreno per poter effettuare al meglio le nuove piantumazioni.

Bisogna anche valutare se effettuare gli abbattimenti in forma dilazionata nel tempo, per esempio nell’arco di 5-6 anni, in modo da non spogliare troppo la siepe, eliminando le piante grandi mano a mano che si piantumano le nuove.

Gli esemplari di farnia da rilasciare dovranno essere:

  • quelli presenti nella linea della siepi
  • quelli che permettono una distanza minima di 8-10 m tra un grande esemplare di alto fusto e l’altro.

L’area dei Palù è caratterizzata da prati, strade, bordi di canali che non possono sopportare il transito di mezzi molto pesanti, senza rischiare di essere danneggiati.

L’abbattimento può avvenire in due modi: manuale o meccanizzato. Nella situazione dei Palù è preferibile l’abbattimento manuale. In linea generale il peso elevato, le ragguardevoli dimensioni e la difficoltà nella movimentazione di queste macchine potrebbero provocare danneggiamenti ai prati, alle strade ed alle sponde delle canalette; il loro uso va quindi valutato solo in particolari condizioni e attenzioni.

Abbattimento manuale

L’abbattimento manuale a motosega da parte di operatori esperti è il metodo preferibile, per il fatto che il terreno non viene danneggiato da alcun mezzo di transito, almeno in questa fase di puro abbattimento, sramatura ed allestimento degli assortimenti.

Una criticità potrebbe essere rappresentata dalla direzione di caduta delle piante. Siamo infatti molto spesso in presenza di grandi piante inclinate nelle direzioni più disparate ed a volte molto inclinate. La caduta naturale potrebbe essere in direzioni che produrrebbero il danneggiamento di altre piante che invece si vogliono preservare.

Potrebbe in molti casi essere consigliato l’uso di motosega per l’abbattimento ma, mentre l’operatore taglia la pianta alla base, l’albero viene sostenuto e poi lentamente fatto cadere nella direzione voluta da una pinza su braccio applicato su trattore agricolo di adeguate dimensioni.

Il trattore agricolo costipa il terreno, ma produce comunque meno danno di mezzi cingolati o altre tipologie di mezzi molto più ingombranti e/o pesanti.

Abbattimento meccanizzato

L’abbattimento meccanizzato dovrebbe essere eseguito con attrezzature adeguate relativamente ai seguenti aspetti:

  • organo di taglio: deve essere robusto ed adeguato al fatto di dover abbattere piante di diametro relativamente elevato e soprattutto inclinate;
  • l’organo di taglio deve essere in grado di recidere piante a legno duro e di diametri anche superiori a 20-30 cm;
  • la macchina portante la testata abbattitrice, deve essere di dimensioni e peso tali da permettere l’abbattimento delle piante grandi senza rischiare il ribaltamento ed essere poi in grado di movimentare agevolmente la pianta abbattuta.

4.2 Abbattimento delle piante per la produzione di biomassa in forma di legna da ardere o di cippato

La farnia è l’unica specie arborea presente nei Palù per la produzione di legname di pregio.

Tutte le altre specie presenti possono produrre biomassa legnosa da energia nei due assortimenti di legna da ardere o cippato.

L’abbattimento di queste piante può essere manuale a motosega o meccanizzato con abbattitrici a disco, a catena o a cesoia.

Anche in questo caso si può procedere con abbattimento manuale o meccanizzato.

Abbattimento manuale

L’abbattimento manuale a motosega effettuato da parte di operatori esperti, sembra essere l’unico impiegabile in questi siti, per i motivi già citati al fine di non danneggiare prati, strade o sponde delle canalette.

Abbattimento meccanizzato

L’abbattimento meccanizzato potrebbero prevedere:

  • l’utilizzo di cesoia meccanica applicata a caricatore forestale a sua volta applicato a trattore di medie dimensioni (100-130 CV). Evitare l’applicazione su mezzi più pesanti o cingolati; una ulteriore prescrizione consiste nell’utilizzare la cesoia solo per quelle piante per le quali si preveda di eliminare anche la ceppaia; cioè per quelle piante da eliminare completamente. Su piante che invece devono essere ceduate alla base, ma per le quali si preveda di rilasciare intatta la ceppaia perché poi ricacci a riformare il ceduo, la cesoia non è un attrezzo idoneo, perché fessura, danneggia la ceppaia portandola con il tempo a marcescenza. Infatti per mantenere viva la ceppaia il taglio deve essere netto e quindi effettuato con lama a catena o a disco;
  • utilizzo di abbattitrice a disco, sempre applicato a trattore agricolo da 100-130 Cv; le testate abbattitrici a disco sono sempre attrezzature grandi e molto pesanti, vanno quindi portate da macchine semoventi di peso e dimensioni assai maggiori del trattore indicato; tuttavia si possono trovare in commercio dei modelli più leggeri, come quello indicato nella foto a lato.
  • utilizzo di abbattitrice con lama a catena, sempre applicata a trattore da 100-130 CV, da utilizzare però solo su piante singole, come spesso si presentano i platani, anche di buon diametro o i salici o i pioppi; questo perché se si utilizzano questo tipo di abbattitrici su polloni, i quali sono tronchi diversi che partono dalla stessa ceppaia ma con inclinazioni diverse, il rischio è di incastrare, rompere o piegare la lama.

5. Come procedere nell’allestimento ed asportazione della biomassa?

Le piante abbattute potranno produrre tre diversi assortimenti:

  • legname da opera (farnia)
  • legna da ardere (platano, ontano nero, salice, carpino bianco, orniello, robinia, ecc..)
  • cippato (tutti i cimali, le ramaglie, salici e pioppi, arbusti)

Allestimento ed esbosco

Per le latifoglie l’allestimento avviene con motosega ed operatore esperto.

Ramaglie e cimali vanno accumulate in loco a lato di una strada per successiva cippatura.

La cippatrice sarà al massimo di medie dimensioni (cippatura fino a un massimo di 30 cm di diametro del tronco) e trainata da trattore non eccessivamente pesante, sempre per limitare i danneggiamenti al suolo o alle sponde delle canalette.

Sempre per questi motivi, l’esbosco deve essere effettuato con mezzi relativamente leggeri e non ingombranti; consigliabile trattore agricolo/forestale da massimo 100-130 CV con rimorchio forestale munito di caricatore forestale.

Sono quindi assolutamente da evitare trattori più pesanti, camion, forwarder, mezzi cingolati.

Anche il trasporto del cippato nei Palù deve essere effettuato con mezzi di dimensioni e pesi non elevati.

Può essere opportuno valutare anche l’esbosco a strascico, effettuato con verricello forestale o pinza tronchi posteriore, almeno fino alla prima strada “forestale”, osservando se tale metodo provoca meno danni dell’utilizzo di rimorchi.

Cippatura

Una volta ottenuti i tronchi sramati per produrre legna da ardere ed asportati dal sito, rimangono in loco i cimali, le ramaglie, le piante di pioppo e salice e gli arbusti. Queste rappresentano tutta biomassa da cippare.

Per questa operazione si deve utilizzare una cippatrice di medie dimensioni (diametro massimo di cippatura 28-30 cm), trainata da trattore agricolo, dotata di caricatore, ma non di motore autonomo, per esigenza di limitarne il peso e quindi il danneggiamento del suolo; sarà azionata dal trattore mediante cardano.

Sarebbe consigliabile posizionare la cippatrice un una strada sterrata interna ai Palù e portare qui la biomassa da cippare per svolgere l’operazione, evitando cioè di entrare nei prati, dato il peso di questa macchina.

Eliminazione delle ceppaie

Dopo aver abbattuto le piante ed asportata tutta la biomassa, si deve procedere con l’eliminazione delle ceppaie.

Si utilizzano dei trivelloni applicati posteriormente a trattore agricolo di elevata potenza; tali trivelle penetrano nel terreno e macinano la ceppaia i cui residui rimangono mescolati al terreno; si passa poi con una fresa per macinare, almeno a 20-30 cm di profondità i residui di ceppaia e radici e per livellare il terreno in modo da  prepararlo per la successiva piantumazione.

Anche in queste operazioni occorre porre molta attenzione a non danneggiare strade, prati o sponde delle canalette, anche perché i mezzi che portano queste attrezzature sono tendenzialmente pesanti.

NB Ricordiamo sempre che tutte le operazioni di abbattimento vanno svolte con estrema attenzione nell’uso delle attrezzature di taglio, assicurando la MASSIMA SICUREZZA per le persone, ed evitando danneggiamenti al cotico erboso e alle piante del filare che resteranno in piedi.

 

Vuoi approfondire queste indicazioni?

Guarda su YouTube i video che descrivono come effettuare in sicurezza gli interventi di taglio.

Chiedi informazioni ai professionisti e ai tecnici delle Organizzazioni agricole, al personale di Veneto Agricoltura, Centro Biodiversità Vegetale e Fuori Foresta – Montecchio Precalcino (VI) Via Bonin-Longare, 36030 Montecchio Precalcino (VI) tel. 049.8293980 e-mail: vivaio@venetoagricoltura.org o al U.O. Bioenergie e Cambiamento Climatico, sede Agripolis, Legnaro (Pd) tel. 049.8293711

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I PALÙ DEL QUARTIER DEL PIAVE

I Palù del Quartier del Piave sono un ecosistema ad elevatissima biodiversità originato dal lavoro dell’uomo a partire dalle bonifiche benedettine dell’XI secolo, che trasformarono l’originaria zona paludosa in un sistema ordinato e produttivo.

I Palù fanno parte della Rete Europea “Natura 2000” e sono riconosciuti come Area di Interesse Comunitario (area SIC).

Si presentano come piccoli appezzamenti di prati umidi, delimitati da siepi e canali e rappresentano un habitat complesso che ospita al suo interno specie animali e vegetali di estrema rilevanza.
Oggigiorno il loro abbandono ha portato alla regressione degli habitat con perdita di biodiversità e la rete dei canali ha perso la sua capacità di distribuire acqua e, quindi, di sostenere la vita acquatica e anfibia.

Il Progetto Life PALU QDP ha sviluppato una forte azione di sensibilizzazione della popolazione e realizzato degli interventi di recupero ambientale di alcuni appezzamenti. Ha lavorato affinché le risorse naturali dei Palù acquisissero un nuovo valore economico legato ai prodotti agricoli e alla fruizione turistica.

L’attività prosegue attraverso altri interventi, primo fra tutti, la creazione di una Associazione fondiaria tra i proprietari che volontariamente vorranno aggregarsi per gestire con importanti economie di scala i lavori nei Palù.

INFO: https://paluqdp.it/

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Progetto LIFE17 – NAT/IT/507 PALU QdP
“Participatory Agroforestry deveLopment: a tool for restoring and sUstaining the Palù del Quartier del Piave site” co-finanziato dal programma LIFE dell’Unione Europea