PRIME VALUTAZIONI SULL’ANDAMENTO DEL SETTORE AGRICOLO VENETO NEL 2023

Il valore complessivo della produzione lorda agricola veneta nel 2023 viene stimato in 7,9 miliardi di euro, +2,4% rispetto al 2022. Ad incidere in maniera preponderante è stato, da un lato, il peggioramento dei prezzi di mercato, che hanno avuto un trend prevalentemente di riduzione, dall’altro un miglioramento dei quantitativi prodotti, anche se non per tutti i comparti. Tuttavia, laddove si è registrato un calo produttivo, nella maggior parte dei casi questo è stato controbilanciato da un incremento dei prezzi.

In flessione sia il valore prodotto dalle coltivazioni erbacee (-1,5%), su cui ha influito in maniera negativa la riduzione dei prezzi, sia quello generato dalle coltivazioni legnose (-13,3%), penalizzate dalla riduzione dei quantitativi prodotti a causa dei fenomeni climatici estremi (gelate tardive, grandinate), nonostante una stagione estiva e autunnale favorevole alla maggior parte delle colture. Per quanto riguarda gli allevamenti, si rilevano andamenti contrastanti con un incremento piuttosto che una riduzione dei prezzi a seconda della variazione delle quantità prodotte, con un valore della produzione che nel complesso si stima in aumento del +11,1%.

Nei primi tre trimestri del 2023, il numero di imprese agricole attive, iscritte nel Registro delle Imprese delle Camere di Commercio, è stato pari a 59.000 unità (-1,8%), una riduzione leggermente più contenuta rispetto alla realtà nazionale (-2,8%). In aumento le società di capitali (1.486 imprese, +7,3%) e le società di persone (circa 10.947, +0,9%), in calo invece le ditte individuali (46.100 unità, -2,6%), che rappresentano circa il 78% delle imprese. In decrescita anche le imprese alimentari, che si attestano a 3.500 unità (-1,4%).

I dati Istat indicano una riduzione dell’occupazione agricola a livello regionale, che si attesta in media a circa 63.250 addetti nei primi nove mesi del 2023, in calo del -5,6% rispetto allo stesso periodo del 2022. Si tratta di una variazione in linea con quanto rilevato nel Nord-Est (-6,0%) e in Italia (-3,4%) ma in contrasto con l’andamento occupazionale totale, che presenta una variazione positiva sia a livello regionale (+4,1%) che a livello nazionale (+2,0%). A diminuire sono soprattutto i dipendenti agricoli (-19,6%), mentre al contrario sono in crescita gli occupati indipendenti (+3,9%), in controtendenza sia con la realtà nazionale che del Nord-Est. Diminuiscono soprattutto gli occupati maschi (-11,8%), mentre invece aumentano le donne (+31,5%).

Il saldo della bilancia commerciale con l’estero di prodotti agroalimentari nei primi nove mesi del 2023 continua ad essere negativo (-176,7 milioni di euro), ma è più che dimezzato rispetto allo stesso periodo del 2022: il risultato si è generato in virtù di una crescita delle importazioni (7,25 miliardi di euro, +3,0%), mentre le esportazioni sono aumentate in maniera più che proporzionale, sfiorando i 7,1 miliardi di euro (+7,0%).

I maggiori incrementi dell’import sono stati registrati da piante vive (+60,0%), tabacco (+53,0%) e animali vivi e prodotti di origine animale (+46,0%), che è anche la voce che ha registrato i maggiori rialzi in termini assoluti (+209 milioni di euro), seguita dagli altri prodotti alimentari (+112,7 milioni di euro). I maggiori aumenti dell’export sono stati registrati da animali vivi e prodotti di origine animale (+52,8%), prodotti della selvicoltura (+46,6%) e piante vive (+28,4%), ma in termini assoluti il maggiore rialzo è stato registrato dai prodotti di colture agricole non permanenti, in crescita di +87,6 milioni di euro rispetto al 2022 (+23,0%), seguiti dalla carne lavorata e conservata e prodotti a base di carne (+85,1 milioni di euro, +15,0%) e dagli “altri prodotti alimentari” (+81,3 milioni di euro, +10,5%). In calo invece le esportazioni di tabacco (-29,7%) e di oli e grassi vegetali e animali (-12,8%).

Dal punto di vista dell’andamento climatico l’annata è stata caratterizzata dalle elevate temperature estive ed autunnali, dalla scarsità di pioggia dei mesi invernali che ha penalizzato le colture autunno-vernine e dalle gelate tardive della prima decade di aprile che ha danneggiato in maniera rilevante le colture frutticole. Da segnalare, rispetto all’andamento siccitoso del 2022, le abbondanti ed eccessive piogge del mese di maggio, le frequenti precipitazioni estive purtroppo spesso accompagnate da fenomeni estremi di forti grandinate, che hanno provocato ingenti danni a parecchie colture in diversi areali produttivi. Altro aspetto caratterizzante è stato una generalizzata riduzione dei prezzi, che per molti prodotti, esclusi gli orticoli, si sono riportati sui livelli di due anni fa.

Entrando nel dettaglio dei comparti, annata negativa per i cereali autunno-vernini: in aumento gli ettari coltivati a frumento tenero (118.000 ha, +23,3%), grano duro (21.300 ha, +10,0%) e dell’orzo (26.150 ha, +21,5%), ma le rese si sono notevolmente ridotte a causa di un andamento climatico sfavorevole. Di conseguenza, fatta eccezione per il grano tenero la cui produzione è stimata in crescita (+14,4%), le altre colture hanno registrato una diminuzione delle quantità raccolte. L’annata è stata invece positiva per le colture a semina primaverile: per il mais da granella, il calo delle superfici coltivate (121.000 ettari, -15,5%) è stato più controbilanciato dall’aumento delle rese (11,5 t/ha, +63,0%), con un rilevante aumento della produzione (1,4 milioni di tonnellate). Tuttavia, la riduzione dei prezzi (-26,0%) ha penalizzato il fatturato della coltura.

Anche per le colture industriali il 2023 è stato caratterizzato da un incremento generalizzato delle produzioni, in virtù di un miglioramento delle rese di produzione, fatto salvo la produzione del tabacco. Per quanto riguarda la soia, le perdite delle superfici messe a coltura (-11,8%) sono state compensate dall’aumento della resa (3,6 t/ha, +48,2%), che ha permesso di conseguire una maggiore produzione (467 mila tonnellate, +30,7%). In aumento gli investimenti a girasole (5.750 ha, +34,6%), come anche le superfici coltivate a colza (7.200 ha), che sono quasi raddoppiate. Annata positiva per la barbabietola da zucchero: in flessione le superfici (6.700 ha, -3,0%), ma sono in ripresa le rese (68,5 t/ha, +47,6%) e la produzione totale (461mila tonnellate, +43,1%), mentre per il tabacco si registra una ulteriore riduzione degli investimenti (2.750 ha, -10,0%) che, nonostante un leggero miglioramento delle rese, ha determinato un calo della produzione (-8,0%).

Annata in chiaroscuro per le colture orticole: in generale si è osservata una sostanziale riduzione degli investimenti per diversi prodotti, tra cui quelli principali, come la patata (3.050 ha, -13,8%) e il radicchio (3.650 ha, -21,6%); in calo anche le superfici coltivate a fragola (330 ha, -11,7%), asparago (1.740 ha, -5,2%), aglio (-22,3%), meloni (-15%), carote (-5%), fagiolini (-16,8%) e cocomeri (-10,8%), mentre sono in ripresa gli ettari coltivati a lattuga (1.125 ha, +1,4%) e zucchina (1.690, +7,3%). Dal punto di vista produttivo alcune colture non sono state favorite dall’andamento climatico primaverile, come asparago (-12,5%) e fragole (- 12,7%), altre dalle eccessive e frequenti piogge estive o dal mite clima autunnale.

Un’annata infelice per il comparto frutticolo veneto, dopo un 2022 più benevolo, alla luce di un quadro climatico non favorevole e di alcune grandinate estive ed altre problematiche fitosanitarie. Tutte al ribasso le rese ad ettaro delle principali colture, che hanno determinato un calo generalizzato delle produzioni: melo (-6,6%), pero (-83,7%), pesco (-47,6%), kiwi (-41,8%), ciliegio (-13,0%) e olivo (-28,8%). Quasi tutti in aumento i prezzi unitari della frutta, mentre si confermano in diminuzione le superfici investite a frutteti con cali compresi tra il 6 e 8% per le principali arboree del Veneto.

Il comparto viticolo del Veneto, dopo diversi anni di crescita, nel 2023 mostra una perdita della superficie vitata già produttiva (93.059 ha, -1,7%), della quale oltre il 74% è a bacca bianca visto il successo del Pinot grigio e del Prosecco. Nonostante le condizioni climatiche non siano state particolarmente inclementi, la vendemmia dell’ultimo anno ha visto le rese di produzione in calo del -7,5%, che hanno portato ad una produzione complessiva di uva di 13,7 milioni di quintali (-9,1%), mentre il vino prodotto viene stimato in 10,6 milioni di ettolitri (-10,5% rispetto al 2022). Anche il prezzo medio delle uve venete si presenta calante (0,68 €/kg, -6,8%).

Il comparto lattiero-caseario presenta una produzione sui livelli del 2022, pari a circa 12 milioni di quintali. Il numero degli allevamenti con capi scende a poco più di 2.600 (-4,5%). Il prezzo medio del latte alla stalla è stato di circa 52 €/hl (+13,7%). La produzione di formaggio ha visto il Grana Padano aumentare del +5,7% (circa 590mila forme), l’Asiago pressato calare del -4,8% che è pari ad un numero di forme di poco inferiore a 1,3 milioni. Invece, per l’Allevo c’è stato un forte recupero produttivo (+27,0%, circa 230mila forme). Il Montasio rimane sulle produzioni dell’anno precedente, mentre salgono decisamente quelle del Piave (+35,0%, circa 330mila forme). Aumenta un po’ anche la produzione veneta del Provolone (+2,5%). Il fatturato del comparto è stimato in 625 milioni di euro, grazie alla tenuta dei prezzi. La maggior parte del latte veneto viene trasformato in formaggi Dop e tipici, pari ad una quota intorno all’80% sul totale.

In generale il comparto zootecnico da carne, in particolare bovini e suini, soffre ancora dei costi di produzione e del freno tirato dei consumi per l’inflazione. Per la carne bovina veneta si prospetta un calo produttivo tra l’8-10%, come conseguenza della diminuzione delle macellazioni (-6,0% per i vitelloni maschi) e anche per il minor numero di boutard importato e la riduzione di macellazioni delle vacche da riforma (- 13,0%). La Francia rimane la principale fornitrice di animali da ingrasso, con quasi il 93% sul totale di 462mila capi nel periodo gennaio-ottobre. Il prezzo medio annuo degli animali da macello è stato più alto del 2022 di circa il +6,5% (come media tra le varie tipologie), però inferiore a quello dei boutard acquistati dall’estero che è cresciuto di circa il +10,0%, aggravando i costi di produzione. Questi ultimi hanno potuto beneficiare di una diminuzione dei prezzi alimentari ed energetici. Il fatturato del comparto viene stimato in circa 500 milioni, in diminuzione del -3,0% causa il calo produttivo.

La produzione di carne suina è concentrata soprattutto nelle province di Verona e Treviso, con un peso del totale regionale vicino al 7% di quello nazionale. Il numero di capi inviati al macello risulta di circa 650mila, con una diminuzione del -11,0% sul totale e del -9,5% sui grassi, rispetto all’anno prima. Anche la filiera IG ha visto una perdita dei capi del -7,0%, pari a circa 457mila quintali, prodotti provenienti da 137 allevamenti certificati (-6,0%). I prezzi all’origine hanno registrato un forte rialzo, con quello medio annuo che risulta di 2,19 €/kg (+22%), creando tensioni sui mercati della trasformazione e del consumo. Il fatturato del comparto viene stimato in circa 220 milioni e con una crescita del +10,0%, per l’aumento dei prezzi e nonostante il calo produttivo.

Il comparto avicolo è quello più sviluppato in Veneto, mantenendo anche la sua leadership nazionale, grazie alla radicata filiera industriale che si basa sulla soccida. Il numero di allevamenti, per le due specie che rappresentano quasi tutta la produzione avicola e cioè polli e tacchini da carne, sono stabili a 754 unità, di cui ben 399 in provincia di Verona (-3,5%), pari al 68% sul totale. Il comparto ha risentito ancora di casi di influenza aviaria, ma non problematici per la produzione. Questa, infatti, è cresciuta di oltre il +28,0%, per un numero di capi su base annua di circa 216 milioni, di cui oltre 11 milioni sono tacchini (+43,0%), in ripresa dall’influenza aviaria del 2022. La ripresa della produzione ha influito sui prezzi all’origine che sono calati dell’11,0% per i polli e del -17,7% per i tacchini, ciononostante il fatturato si stima in rialzo di circa il +13,0%, arrivando a toccare 1,1 miliardi di euro. Il comparto è anche sostenuto dal consumo domestico, grazie alla contenuta crescita dei prezzi al consumo.

In Veneto c’è pure una buona presenza di allevamenti avicoli da uova (258 unità), di cui 177 in fase di deposizione. La produzione, che resta stabile, si aggira sui 2 miliardi di uova. Le quotazioni sui mercati all’origine sono risultate in aumento intorno al +14,0% per le uova da gabbia arricchita, mentre per quelle a terra è stato dell’11,0% circa. L’aumento dei prezzi ha permesso la crescita del fatturato che viene stimato in circa 310 milioni di euro.

Infine, il Veneto si caratterizza per la leadership nella produzione di carne di coniglio, grazie ad una quota del 42% circa sul totale nazionale. Il numero di allevamenti in anagrafe zootecnica da ingrasso, a ciclo misto o chiuso, sono 53 e più pochi altri da riproduzione. Il numero di capi macellati su base annua dovrebbe aggirarsi sui 6,1 milioni (-1,5%). La tenuta del prezzo all’origine (3,02 €/kg) e della produzione ha consentito al comparto di realizzare un fatturato intorno ai 45 milioni di euro.

L’annata 2023 per il comparto della pesca si può definire più o meno nella norma, con lo sbarcato locale in transito nei sei mercati ittici del Veneto che ha registrato un -5,9% in volume, a fronte delle circa 14.578 tonnellate vendute. In conseguenza del buon incremento del prezzo medio unitario dei prodotti ittici locali veneti (circa 3,10 €/kg, +16,8% su base annua), il valore della produzione locale viene stimato in 45,2 milioni di euro (+9,9% rispetto al 2022), mentre il fatturato complessivo, comprensivo del prodotto nazionale ed estero, è pari a circa 107 milioni di euro, in rialzo rispetto all’anno precedente (+2,5%). Invece, i volumi dei transiti totali nel mercato di Chioggia si attestano a 7.574 tonnellate (-8,1% rispetto al 2022), con un incasso complessivo che è pari a circa 33,6 milioni di euro (+2,3%). A Venezia sono transitate circa 6.703 tonnellate (-3,0%), con un fatturato complessivo di circa 57,7 milioni di euro (-1,0%). Nell’ultimo anno, la produzione di molluschi bivalve di mare dei Cogevo veneti è arrivata a sfiorare le 3.800 tonnellate che determinano un aumento del 39,8% rispetto al 2022. Una buona annata per il comparto delle vongole di mare (+59,0%), mentre continua a soffrire quello dei fasolari (-7,9%). Nel 2023 si rileva un incremento del +0,8% della flotta marittima regionale (656 barche), mentre le imprese dell’intera filiera ittica (3.749 unità) mostrano un calo del -2,2% rispetto al 2022, diminuzione dovuta in particolare alle aziende impegnate nella pesca (-10,4%).

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