Bollettino Colture Erbacee n.15 del 27.2.20 – DIFESA INTEGRATA ELATERIDI

 

GEODISINFESTANTI/FITOFAGI TERRICOLI-ELATERIDI/MAIS

In Veneto l’incidenza di danni significativi al mais da parassiti del terreno è bassa (ben inferiore al 5% della superficie seminata); nella maggior parte degli appezzamenti NON servono trattamenti insetticidi come micro-granulari alla semina o come concianti del seme; il percorso per decidere come determinare l’eventuale necessità è allegato (alleg. 1). Il target della Difesa Integrata è meno del 5% di terreni a mais trattati con insetticidi alla semina (che sia nella concia del seme o micro-granulare distribuito nel solco).  

La Difesa Integrata in dettaglio

A) INDIVIDUAZIONE AREE CON POPOLAZIONI SOPRA E SOTTO LA SOGLIA DI DANNO: VALUTAZIONE RISCHIO, MONITORAGGIO, CONFRONTO CON LE SOGLIE DI DANNO

L’applicazione della Difesa Integrata oggi consente di individuare con buona precisione le limitate superfici (< 5%) che possono subire una riduzione di produzione a causa di attacchi al mais nelle prime fasi di sviluppo e su cui quindi applicare strategie di difesa.

E’ pertanto contro i principi della Difesa Integrata il ricorso profilattico a trattamenti geo-disinfestanti o all’uso di semente conciata con insetticidi alla semina.

Nelle prime fasi di sviluppo del mais, ove si manifestano danni ai semi e alle piantine, fino alle 8 foglie, gli attacchi sono principalmente causati dagli elateridi, con la prevalenza delle specie Agriotes brevis e A. sordidus, più limitatamente  A.ustulatus e A. litigiosus. Il danno da altri fitofagi ipogei è trascurabile e occasionale. Tenuto conto di ciò, si ritiene possibile ridurre di molto l’uso di mezzi chimici, senza compromettere la produzione e riducendo i costi, limitando l’intervento agli appezzamenti in cui il monitoraggio ha accertato la presenza di larve sopra la soglia di danno. L’esperienza di oltre 30 anni di osservazioni condotte principalmente in Veneto e Friuli dimostra che il rischio di danni effettivi che possono comportare la riduzione della produzione interessa meno del 4% delle superfici investite a mais, e laddove ricorrano fattori di rischio ormai ben conosciuti.

Le larve di elateridi, chiamate comunemente “ferretti” per il loro colore rugginoso, vivono nel terreno e si nutrono degli organi sotterranei delle piante. Nel caso del mais possono danneggiare i semi in germinazione, o la piantina prima dell’emergenza o nelle prime fasi di sviluppo. Nei limitati casi di forte attacco si possono avere fallanze estese, spesso in maniera localizzata, in relazione alla densità di larve presenti nel terreno. Va tenuto conto che si tratta di insetti con un ciclo di vita molto lungo, con larve che vivono nel terreno per 2-3 anni a seconda della specie, per cui situazioni favorevoli all’incremento della popolazione si traducono in danni negli anni subito successivi.  

 

Fattori di rischio

Le condizioni favorevoli per il verificarsi di danni da elateridi sono:

a – un elevato contenuto di sostanza organica (>5%), come si può riscontrare nei terreni torbosi;

b – la semina del mais dopo la rottura di prati, medicai o incolti (se l’aratura avviene a distanza di qualche mese – autunno-inverno – dalla semina);

c – mais in avvicendamenti colturali che prevedano una copertura continua del suolo per la presenza di doppie colture (ad es. loiessa-mais, colza-sorgo, colza-soia, frumento-soia, loiessa-mais); si stima tuttavia che, anche in queste condizioni, nella maggior parte della superficie a mais le popolazioni restino sotto la soglia di danno; pur in modo meno accentuato, anche il continuativo inserimento delle colture di copertura può aumentare il rischio di danni;

d – danni da elateridi verificatisi nell’appezzamento nel recente passato;

e – scarso drenaggio e avvallamenti (ad es. terreni sistemati a cavino) che determinano condizioni di umidità in superficie per tempi prolungati;

f – presenza elevata di aree incolte/inerbite attorno all’appezzamento considerato o con colture come descritto ai punti b e c; tali condizioni aumentano la presenza degli adulti e quindi il potenziale delle ovideposizioni; in questi casi e in generale, la densità degli adulti e quindi anche il rischio di ovideposizioni può essere ben valutato con l’uso delle trappole a feromoni : sono state recentemente aggiornate le soglie per le catture di adulti. (articolo in fase di revisione per pubblicazione su rivista internazionale)

 

Le seguenti soglie sono state provate aumentare il rischio di danno alla produzione, con più del 15% di piante attaccate:

A.brevis: un numero di adulti > 210 l’anno precedente la coltura di mais e > 450 due anni prima;

A. sordidus: numero di adulti/trappola > 1100 l’anno prima della coltura di mais;

A. ustulatus: : numero di adulti/trappola > 1000 due anni prima rispetto alla coltura di mais. Ove si superino tali soglie è opportuno verificare l’effettiva densità di larve con le specifiche trappole (soprattutto se sono presenti altri fattori di rischio) e/o porre in essere le strategie per ridurre il rischio (vedi punto B).   Le diverse condizioni favorevoli sopra descritte, singolarmente o in combinazione, determinano maggiori ovideposizioni e/o una maggiore sopravvivenza delle larve.  

 

Monitoraggio

I livelli delle popolazioni di elateridi si possono stimare con il monitoraggio degli adulti (alleg.2e in modo puntuale con i vasetti trappola (alleg.3).  

 

B) VALUTAZIONE DELLA DISPONIBILITÁ DI SOLUZIONI AGRONOMICHE, BIOLOGICHE, FISICHE O COMUNQUE NON CHIMICHE PER SOSTITUIRE IL TRATTAMENTO CHIMICO OVE NECESSARIO INTERVENIRE

Nel caso si accerti il superamento della soglia, in base ai principi della Difesa Integrata, in primo luogo si deve valutare la possibilità di applicare soluzioni “non chimiche”:

i) spostamento della coltura in un appezzamento senza fattori di rischio; ii) modifica della rotazione – normalmente, dopo il prato, o comunque la copertura continua del terreno, un anno di “altre” colture consente un abbassamento delle popolazioni tale da evitare rischi di calo di produzione;  quindi prevedere dopo, ad es. il  prato, la semina di una coltura poco suscettibile (ad es. soia) e spostare il mais l’anno successivo può essere una alternativa; iii) inserimento nell’avvicendamento di una coltura biocida (ad es. Brassica juncea var. ISCI 99) da interrare prima del successivo mais.  

Altre soluzioni non chimiche (come ad es. organismi entomopatogeni) sono allo studio.  

 

La sintesi del processo decisionale è in alleg. 1.

 

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