Agricoltura veneta 2021: il valore cresce ancora trainato dai prezzi

Nel 2021 il valore complessivo della produzione lorda agricola veneta viene stimato in 6,4 miliardi di euro, in crescita del +2,9% rispetto all’anno precedente. Oltre ad un lento ritorno alla normalità, dopo l’emergenza sanitaria legata al Covid-19 che aveva caratterizzato il 2020, ad incidere in maniera preponderante è stato il generale miglioramento dei prezzi di mercato, mentre dal punto di vista dei quantitativi prodotti, le coltivazioni sono state penalizzate dall’andamento climatico avverso durante la primavera e la stagione estiva. Le coltivazioni erbacee hanno registrato una lieve riduzione (-0,8% a prezzi correnti) mentre risulta in forte calo il valore prodotto dalle coltivazione legnose (-15,6%), su cui hanno influito in maniera molto negativa le colture frutticole, danneggiate dalle gelate primaverili. Per quanto riguarda gli allevamenti, si rileva invece, sia un leggero miglioramento delle quantità prodotte che dei prezzi di mercato, che permettono di stimare un valore della produzione in aumento del +5,6%. Una crescita simile viene stimata anche per le attività di supporto all’agricoltura (contoterzismo, attività post-raccolta, servizi connessi, ecc.), che nel 2020 erano state fortemente penalizzate dal lockdown e dalle chiusure imposte per il contenimento della pandemia da Covid-19, in particolare l’attività di sistemazione e manutenzione delle aree verdi e quella agrituristica.

Purtroppo, ad incidere negativamente sul risultato economico degli agricoltori sono i consumi intermedi, ossia i beni e servizi consumati o trasformati dai produttori che, a causa dell’incremento dei costi produttivi evidenziano una crescita del +9,8% rispetto al 2020 e, di conseguenza, il valore aggiunto risulta in diminuzione del -4,9%.

L’andamento climatico è stato caratterizzato da un inverno più caldo della norma ma soprattutto per le gelate tardive di fine marzo ed inizio aprile, che hanno avuto gravi ripercussioni produttive sulle coltivazioni frutticole e influito negativamente sugli aspetti vegetativi anche di altre colture erbacee. Anche l’estate, caratterizzata da alte temperature e prolungati periodi siccitosi, ha contribuito in maniera negativa sui risultati produttivi di diverse colture orticole e sulle colture estensive a semina primaverile. L’autunno è stato mite, ma scarsamente piovoso.

Cereali e colture industriali

Per quanto riguarda i cereali, annata negativa in particolar modo per il mais da granella la cui resa è scesa a 10 t/ha (-11,0%) e che ha registrato anche una riduzione delle superfici coltivate (147.700 ha, -4,0%), determinando una produzione complessiva di circa 1,5 milioni di tonnellate (-14,6%). In aumento gli investimenti a frumento tenero (95.000 ha, +12%) e duro (15.000 ha, +42%); i miglioramento delle rese di produzione, rispettivamente 7,1 t/ha (+10%) e 6,3 t/ha (+9%), ha permesso di conseguire una produzione quasi record per entrambi: 680 mila tonnellate di frumento tenero (+24%) e oltre 90 mila tonnellate di grano duro (+55%). Anche per l’orzo, il buon andamento delle rese (6,7 t/ha, +8,5%), ha permesso di controbilanciare la riduzione delle superfici investite (18.000 ha, -6,0%) e di conseguire una produzione di circa 120.000 t (+2%). Annata negativa invece per il riso, visto le contemporanee flessioni di resa 5,4 t/ha (-5%), superficie (3.100 ha, -4%) e produzione (17.000 t, -9%).

Per le colture industriali, la soia segna una resa in forte riduzione (3 t/ha, -18,3% rispetto al 2020), ma considerato il lieve incremento degli investimenti (140.000 ettari, +3,3%), la produzione si stima possa scendere a circa 420.000 tonnellate (-15,6%). Annata negativa per la barbabietola da zucchero, per la quale la riduzione delle superfici messe a coltura (poco meno di 8.800 ha, -3,0%) e il peggioramento delle rese (61,3 t/ha, -12%), ha diminuito ulteriormente i quantitativi raccolti (circa 540 mila t, -14,0%). Il tabacco ha visto aumentare le superfici coltivate (4.100 ha, +5,3%), ma la contestuale riduzione delle rese (3,1 t/ha, -5,0%) ha mantenuto sostanzialmente invariata la produzione raccolta (12.620 t). In deciso calo gli ettari coltivati a girasole nel 2021, che scendono a circa 3.900 ettari (-27,4%), con relativa diminuzione della produzione (13.300 t, -27%) in seguito anche ad una leggera riduzione della resa (-1%). Per contro, la colza ha invece ulteriormente aumentato gli ettari messi a coltura (4.400 ha, +36%) e, nonostante un peggioramento delle rese produttive (3,2 t/ha, -10,3%), la produzione è stata pari a quasi 14.000 tonnellate (+22,0%).

Colture ortofrutticole

Nel 2021 le superfici investite a colture orticole sono scese a circa 24.900 ettari, in calo del -8,5% rispetto all’anno precedente. Le orticole in piena aria, che rappresentano il 75% degli ortaggi coltivati in Veneto, hanno subito la flessione maggiore e si stima che la superficie coltivata si attesti su circa 17.100 ettari (-10,6%), mentre le orticole in serra vengono stimate sostanzialmente stabili a circa 4.090 ettari (-0,3%); in calo anche le piante da tubero (3.750 ha, -6,6%). Il valore della produzione ai prezzi di base di patate e ortaggi viene stimato a circa 697 milioni di euro, in leggera riduzione (-0,5%) rispetto all’anno precedente.

Le colture frutticole, che insistono su 16.100 ettari totali, calano la propria superficie del -1,2%, mentre risale leggermente quella dell’olivo (5.180 ettari, +0,3%). La quantità di frutta fresca raccolta complessivamente nel 2021 è stata di circa 229.000 tonnellate, in sensibile diminuzione rispetto al 2020 (-48,1). Le mele, con circa 178.000 tonnellate, pur registrando un calo produttivo del -39%, rappresentano quasi il 78% della frutta fresca prodotto a livello regionale. Forti riduzioni della produzione si sono verificate anche per le altre colture: pero -85%, pesco e nettarina -77%, kiwi -41%, ciliegio -24%. Nel complesso si stima un valore della produzione di 205 milioni di euro circa, in diminuzione del -16,8% rispetto al 2020.

Florovivaismo

Nel 2021 il numero di aziende venete attive nel florovivaismo è rimasto sostanzialmente invariato a 1.409 unità (-0,6%). In lieve ripresa la superficie florovivaistica, che viene stimata in circa 2.500 ettari (+0,4%). In termini assoluti, l’incremento si deve in particolare alle superfici in piena aria (1.850 ha, +0,9%), mentre si stima una leggera riduzione degli ettari in coltura protetta (650 ha, -1%). La produzione complessiva regionale è salita a circa 1,92 miliardi di piante (+2,0%), principalmente dovuta all’incremento della produzione vivaistica orticola. Considerando la ripresa della domanda a fronte di una carenza dell’offerta, i prezzi hanno registrato per lo più un aumento di circa il +20/25% rispetto all’anno precedente a seconda del prodotto e il valore della produzione ai prezzi di base di fiori e piante viene stimato a circa 67,4 milioni di euro (+7,4% rispetto al 2020).

Vitivinicoltura

La superficie vitata già in produzione è salita a circa 94.000 ettari (+1,3%) e si registra una produzione totale di uva raccolta pari a circa 14 milioni di quintali (-0,3%). Alla crescita della superficie, infatti si è associato un calo delle rese unitarie (-1,5% rispetto al 2020) che ne ha controbilanciato gli effetti, e generato un deciso incremento delle quotazioni medie delle uve (0,74 €/kg, +27,6%). La produzione totale di vino viene stimata pari a circa 10,9 milioni di ettolitri (+1,0% rispetto al 2020); di questo, circa il 76% è costituito da vini DOC. Anche nel 2021 il Veneto resta leader in Italia per l’export di vino, con una quota del 35% sul totale esportato dal settore nazionale. L’export di vino veneto nell’ultimo anno ha sfiorato i 2,5 miliardi di euro, realizzando un rialzo annuo del +11,1%.

Zootecnia

Le consegne di latte in Veneto indicano per il 2021 un piccolo aumento, attestandosi a circa 1,2 milioni di tonnellate (+1%). Invariato il prezzo medio annuo del latte crudo alla stalla (36,5 €/hl), che permette di stimare un valore della produzione veneta ai prezzi di base del comparto pari a circa 436 milioni di euro, appena superiore al 2020 (+1,3%). Al 31 dicembre si registra un numero di allevamenti da latte in Veneto, con almeno 1 capo, pari a 2.900 unità (-4,4%), mentre il patrimonio presente negli allevamenti è in linea con quello dello scorso anno.

Secondo i dati di contabilità nazionale Istat, la produzione di carne bovina in Veneto è aumentata del +2%, sul 2020, portandosi a quasi 170 mila tonnellate, in linea con l’andamento nazionale. Il valore della produzione veneta ai prezzi da base viene stimato dall’Istat a 419 milioni di euro (+6,4%). A fine 2021 erano attivi 5.805 allevamenti con almeno 1 capo (-5,3%). Il Veneto ha inviato al macello 788mila capi, +1% rispetto al 2020. Nel 2021 il numero di ingressi di animali vivi in regione è stato di circa 600mila unità, invariato rispetto all’anno precedente, di cui 536 mila capi con orientamento da carne. La Francia ha venduto al Veneto circa 497mila capi, qualche migliaio in più rispetto al 2020.

Il valore della produzione ai prezzi di base del comparto suinicolo veneto nel 2021 è stato stimato dall’Istat in quasi 207 milioni di euro (+9,9%), grazie ad un aumento produttivo, ma ancor più per la crescita delle quotazioni (+8%). Infatti, la quantità di carne prodotta ha toccato le 144mila tonnellate (+2,3%) e il numero di capi macellati di origine veneta nel 2021 è stato di quasi 800mila unità (+7,8%). Gli allevamenti con finalità da reddito all’ultimo censimento della BDN e con capi presenti sono 1.437 unità, con un carico complessivo di oltre 700 capi e quelli inseriti nella filiera DOP/IGP risultano essere 285, -9,5% rispetto al 2020.

Secondo l’Istat la produzione di carne avicola in Veneto è leggermente aumentata (+1,7%, in linea con quella nazionale) toccando le 574mila tonnellate, pari al 30% del totale nazionale che arriva a 19,1 milioni di quintali di carne; su un totale di poco più di 600 milioni di capi macellati in Italia nel 2021, oltre 200 milioni sono stati avviati al macello dalla regione Veneto. Il valore della produzione viene stimato dall’Istat in circa 807 milioni (+9,7%), che rappresenta oltre il 50% del valore della produzione veneta di carne e il 27,6% del valore del pollame nazionale, collocando il Veneto leader nazionale del settore.

Pesca e acquacoltura

Nel 20201 i dati dei conti economici regionali dell’Istat indicano una produzione di beni e servizi della branca della pesca di circa 152 milioni di euro, con un lieve rialzo (+0,3%) rispetto all’anno precedente. Le imprese che risultano impegnate nel settore ittico primario sono 3.140, con un rialzo rispetto al 2020 dell’1,5%. Nel 2021 risultano essere presenti 655 pescherecci, una numerosità invariata rispetto all’anno precedente. La produzione alieutica locale pescata dalle marinerie venete e sbarcata nei sei mercati ittici regionali per il 2021 è stata di circa 17.778 tonnellate, in aumento del +8,9% rispetto al 2020; anche il fatturato del prodotto locale è cresciuto, toccando i 42,6 milioni di euro, in aumento dell’11,1%.

2.3 Prime stime per il 2022

Le prime indicazioni raccolte presso gli operatori locali sulle intenzioni di semina per la nuova annata agraria 2022 evidenziano, per quanto riguarda i cereali autunno-vernini, un ulteriore incremento delle superfici coltivate a frumento tenero, che si prevede possano superare i 100.000 ettari (+5/10% rispetto al 2021) e a frumento duro a circa 15.000 (+5%); più contenuta la ripresa degli investimenti a orzo (18.500 ettari, +3/5%), mentre sono previsti in calo gli ettari coltivati a colza (-5/6%) e stabili quelli a triticale. Per le colture a semina primaverile, le superfici a barbabietola da zucchero sono previsti in ulteriore riduzione (-5/10%), così come quelle del mais da granella, che si prevede possano scendere sotto i 140.000 ettari (-5% circa), e del tabacco, a causa dell’incremento dei costi di produzione che ha disincentivato gli investimenti da parte degli agricoltori. In aumento le semine a soia, le cui superfici coltivate si prevedono a circa 150.000 ettari (+5/10%); in leggero aumento gli ettari coltivati a girasole (+3/5%) e stabili quelli a sorgo.

Per quanto riguarda i mercati delle commodities, nelle principali piazze di contrattazione del Nord Italia, di riferimento per le produzioni regionali, nei primi mesi del 2022, a causa anche del conflitto scoppiato tra Russia e Ucraina, si è osservata una generalizzata tendenza al rialzo delle quotazioni fino a maggio, con prezzi in aumento nell’ordine del +25% per il frumento tenero, +35% per il mais e +15% per la soia rispetto ai prezzi registrati alla fine dell’anno precedente.

Non si sono registrati particolari problemi di tipo fitosanitario per quanto riguarda le colture orticole tipiche del periodo primaverile (asparagi e fragole), favorite da un andamento climatico tardo-invernale e primaverile nella norma, ma caratterizzato da una scarsità di piogge che ha costretto ad interventi di irrigazione inusuali per il periodo, senza tuttavia penalizzare eccessivamente le  rese produttive, per cui si stima che la produzione possa attestarsi sugli stessi livelli dell’anno precedente.

L’andamento climatico primaverile nella norma ha favorito un normale sviluppo vegetativo delle colture frutticole, per le quali si può prevedere il raggiungimento di rese nello standard produttivo delle diverse colture, dopo che negli ultimi due anni le produzioni erano state invece penalizzate da gelate tardive. Solo per il kiwi, a causa dei consueti problemi legati a moria e Psa, le rese, seppure in miglioramento, vengono previste ancora inferiori a quelle potenzialmente raggiungibili dalla coltura.

Per ciò che concerne il vigneto veneto, il clima in questo inizio anno è stato caratterizzato da una situazione di deficit pluviometrico che ha riguardato sia i mesi invernali che la primavera, con le piante in chiara difficoltà idrica e la necessità sempre più impellente di ricorrere a irrigazioni di soccorso nei vigneti. Si sono registrati frequenti casi di fenomeni di rovesci temporaleschi con precipitazioni di elevata intensità associate a grandine e raffiche di vento, che hanno apportato danni a macchia di leopardi tra le zone della pedemontana e in alcuni areali di pianura. Dopo una primavera con temperature nella media, da fine maggio si sono registrate alte temperature che si stanno prolungando per tutto il mese di giugno. Per quanto concerne la parte vegetativa dei vigneti, considerato  il clima secco che fino ad ora ha caratterizzato l’annata e la prolungata assenza di piogge, le piante hanno una autonomia idrica di soli pochi giorni e si registrano già i primi segnali di scottature sulle foglie; sempre più pressante la problematica della flavescenza dorata, con la necessità di interventi idonei resi obbligatori a livello regionale. Il germogliamento è stato generalmente tardivo, mentre l’accelerazione dell’accrescimento post germogliamento ha portato ad un anticipo della fioritura, anche la vendemmia sarà precoce con un anticipo medio che oscilla tra i 7 e i 15 giorni. A livello produttivo, solo il Pinot grigio dovrebbe arrivare ad un raccolto inferiore del -10/15% rispetto all’anno precedente insieme alla Corvina (-5%), mentre Chardonnay e Glera di pianura saliranno del +5/10% circa, con rialzi nell’ordine del +10/15% per Garganega, Merlot e Corvinone.

Dopo il buon rialzo fatto segnare dall’export di vino da parte del Veneto nel 2021, nel primo trimestre 2022 si stima che il valore delle esportazioni venete sia stato di quasii 612 milioni di euro, +22,5%. rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Quindi, anche ad inizio 2022 il Veneto si conferma al primo posto nel ranking italiano per esportazioni di vino, con una quota sul totale del 35,8% dei circa 1,7 miliardi di euro delle esportazioni complessive italiane del settore.

La produzione di latte in Veneto, nei primi mesi del 2022, si conferma sui livelli dell’anno prima, grazie a Verona (+3,5% nel 1° trimestre), mentre calano un po’ tutte le altre province, in particolare Belluno e Rovigo. Sul fronte del prezzo del latte alla stalla vi è un chiaro aumento, con quotazioni ben sopra i 40 euro/hl e massime anche a 45 euro/hl. Rimane ancora dubbio che tale aumento sia sufficiente a coprire l’aumento dei costi di produzione dato il livello di incremento registrato negli ultimi mesi. Situazione che ha cominciato a riflettersi anche sulle quotazioni dei principali formaggi a DO, così i prezzi del Grana Padano nel secondo trimestre del 2022 sono saliti, per il 16 mesi, tra il 10-13% rispetto agli stessi mesi del 2021 e del 15-20% per il 9 mesi; così pure l’Asiago pressato (15-20%) e anche il Montasio.

Il trend nazionale delle macellazioni del bovino da carne risulta in crescita nel primo trimestre del 4% circa, rispetto allo stesso trimestre del 2021, cosi anche in Veneto. Non quello delle importazioni di animali da allevamento. A livello nazionale abbiamo un calo di circa il 4%, mentre in Veneto si arriva al 7,5%, diminuzione inferiore per i boutard che è intorno al 5%. L’aumento dei costi di produzione, come sopra detto per il comparto latte, ha fatto nettamente salire le quotazioni degli animali da macello per tutte le categorie tra il 15 e il 20%, in particolare per le scottone e vitelloni Charolaise (3,2 euro/kg). Parimenti sono aumentati anche i vitelli da ristallo da carne di circa il 15% su valori per i Charolaise e i Limousine intorno i 3,3-3,5 euro/kg, prezzi che hanno visto una chiara impennata negli ultimi 3 mesi. Questi aumenti si sono riflessi sui prezzi degli animali all’ingrosso all’uscita dei macelli i cui aumenti sono stati anche superiori e intorno al 20-25%, con punte del 30% per alcune categorie di prodotto (es. quarti posteriori).

Per il comparto suinicolo i dati del primo trimestre sulle macellazioni indicano una discreta riduzione dei capi macellati intorno al 5,3% (variazione sul primo trimestre 2021). La riduzione delle macellazioni ha contribuito ad un recupero delle quotazioni rispetto agli ultimi mesi del 2021, riportando i prezzi su valori intorno e superiori a 1,6 euro/kg (cat. 160-176 kg CUN), che risultano più alti rispetto al primo semestre dell’anno scorso. In crescita anche i suini d’allevamento che si riportano sui 2,7-2,8 euro/kg (aprile-maggio, media prezzi varie categorie), che tuttavia rimangono leggermente inferiori allo stesso periodo dell’anno precedente. Una discreta disponibilità nell’UE associata ad una diminuzione delle esportazioni extra-comunitarie e a prezzi ancora contenuti, ha favorito nel primo trimestre una ripresa delle importazioni nazionali di carne suina di circa il 5% in quantità, ma non in valore. Nello stesso periodo si registra una forte diminuzione delle esportazioni di carni suine (-37% in quantità e -48% in valore). Le problematiche maggiori per il comparto suino sono i costi di produzione in forte aumento e la peste suina che, seppure a macchie di leopardo, si sta espandendo territorialmente.

L’aspetto più evidente della filiera avicola nei primi mesi del 2022 è la forte crescita dei prezzi di mercato all’origine sia per i polli da carne che per i tacchini da carne (oltre il 50%), non del tutto spiegabile con l’aumento dei costi di produzione, il cui indice segna aumenti più contenuti (intorno al +30/35%). I dati sulle macellazioni del primo trimestre presenti nella Banca Dati Nazionale (BDN) di Teramo, indicano una importante riduzione produttiva, probabile conseguenza dell’effetto del virus dell’aviaria con una diminuzione non trascurabile dell’offerta, almeno in questa prima parte dell’anno. Si prevede che la macellazione nazionale di polli da carne e galline sia in calo del 14% e quella del tacchino da carne di oltre il 40%. Andamento che coinvolge anche il Veneto con riduzioni nell’ordine del -50% per i polli e del -30% per i tacchini.

Anche per le uova l’aspetto più evidente del primo trimestre è l’aumento delle quotazioni sul mercato all’origine dell’ordine del 14% sul 1° trimestre del 2021 e con un ulteriore aumento ad aprile (+21%). Dopo il solito recupero durante il periodo pasquale le quotazioni dei conigli scendono su valori sotto i 2 euro/kg. Le aspettative sono comunque al ribasso per la contrazione dei consumi domestici in quantità già nel primo trimestre (-3,9%), che proseguirà nel periodo estivo. A conferma sono diminuite le importazioni nel primo trimestre di circa il 6% in quantità.

Per il settore ittico, a giugno 2022 la flotta marittima veneta presenta 652 imbarcazioni iscritte nell’elenco del Fleet register dell’UE, con una diminuzione del -1,1% rispetto all’anno precedente. Nel primario ittico, nel primo trimestre si censiscono 3.121 imprese (in calo del -0,4%: quelle operanti nella pesca sono 1.429 unità (-2,6% rispetto al medesimo periodo del 2021), mentre quelle della acquacoltura (1.692 unità) aumentano del +1,5%. Sempre al primo trimestre, si registrano complessivamente 3.971 addetti attivi nel comparto alieutico veneto (-3,0%): gli addetti della pesca (2.078 unità) sono in calo del -5,5%, mentre quelli dell’acquacoltura (1.893 unità) diminuiscono del -0,2%.

I transiti complessivi di prodotti ittici arrivati nel mercato di Chioggia indicano, nei primi cinque mesi del 2022, un volume di circa 3.795 tonnellate (+34,6% rispetto alla stesso periodo del 2021) e un fatturato di circa 14,6 milioni di euro (+3,3%). Timidi segnali di ripresa per il settore dei molluschi bivalve di mare, con i due Consorzi di Chioggia e Venezia che attualmente sono in fermo pesca. A Chioggia, nei primi tre mesi dell’anno, si registrano 298 tonnellate pescate di vongole di mare (+32,7% rispetto allo stesso periodo del 2021), mentre si sono prodotte 64 tonnellate di fasolari (+43,7%). A Venezia, invece, si sono prodotte circa 317 tonnellate di vongole di mare (+18,2%) e circa 69 tonnellate di fasolari (+36,8%).

Legnaro, 27 giugno 2022

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