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Dopo un 2020 caratterizzato dagli effetti dell’emergenza sanitaria legata al Covid-19, in cui comunque il settore agricolo ha subito ingenti danni, ma meno di altri come il turismo e l’industria, nel 2021 si è assistito ad un lento ritorno alla normalità, non ancora del tutto raggiunta. La ripresa delle attività economiche, seppure con difficoltà ancora esistenti, ma senza le chiusure del 2020, ha favorito la ripresa dei consumi extra-domestici, tuttavia non ancora ai livelli pre-pandemia. Secondo Ismea, risulta infatti ancora in crescita la spesa per consumi domestici, pur essendo cambiata nella composizione rispetto al 2020, con una maggior propensione alla convivialità. Il clima di fiducia degli operatori dell’industria alimentare è sempre stato positivo nei primi tre trimestri dell’anno e, dal terzo trimestre, anche quello del comparto agricolo è tornato ad essere positivo dopo nove trimestri in territorio negativo. Tuttavia, il 2021 è stato caratterizzato anche per il forte incremento dei prezzi dei mezzi di produzione, che sta mettendo a repentaglio la redditività di numerosi comparti agricoli, in primis quello degli allevamenti.
Il valore complessivo della produzione lorda agricola veneta nel 2021 viene stimato in 6,4 miliardi di euro, +4,1% rispetto al 2020. Ad incidere in maniera preponderante è stato il generale miglioramento dei prezzi di mercato, che hanno avuto un trend prevalentemente di crescita dovuto anche alle dinamiche del commercio a livello mondiale. In crescita, il valore prodotto dalle coltivazioni erbacee (+12,3%), mentre risulta in flessione quello generato dalle coltivazioni legnose (-3,5%), sui cui hanno influito in maniera molto negativa le variazioni quantitative della produzione a causa dell’andamento climatico avverso. Per quanto riguarda gli allevamenti, si rileva invece sia un leggero miglioramento delle quantità prodotte, che dei prezzi di mercato, con un valore della produzione che si stima in aumento del +6,1%.
Nei primi tre trimestri del 2021, il numero di imprese agricole attive, iscritte nel Registro delle Imprese delle Camere di Commercio, è stato pari a 61.138 unità (-0,9%), in linea con l’andamento nazionale (-0,3%). In aumento le società di capitali (circa 1.330 imprese, +7,1%) e le società di persone (circa 10.710, +2,6%), in calo invece le ditte individuali (48.613 unità, -1,8%), che però sono quasi l’80% delle imprese. In calo anche le imprese alimentari, che si attestano a 3.574 unità (-0,3%).
Nei primi tre trimestri, gli occupati agricoli vengono stimati in circa 75.650 addetti (dati Istat), in crescita (+1,7%), ma meno che a livello nazionale (+4,3%). In flessione le assunzioni di addetti nei primi nove mesi dell’anno (circa 62.000 unità, -10,4%, fonte: banca dati Silv – Veneto Lavoro), con il saldo occupazionale agricolo che viene stimato in forte calo (-26%). In aumento invece le assunzioni di addetti nell’industria alimentare (circa 14.000 unità, +3,6%), ma il saldo occupazionale viene comunque stimato in calo di circa il -14% a causa dell’aumento delle cessazioni.
Il saldo della bilancia commerciale con l’estero di prodotti agroalimentari nei primi nove mesi del 2021 si conferma in attivo con circa 137 milioni di euro, ma è praticamente dimezzato rispetto allo stesso periodo del 2020. Infatti, c’è stata una maggiore crescita delle importazioni (5,5 miliardi di euro, +10,8%), rispetto a quella delle esportazioni (stimate a circa 5,64 miliardi di euro, +7,5%). I maggiori incrementi dell’import sono stati registrati dai prodotti di colture agricole non permanenti (1,08 miliardi, +16,1%), dalla carne e prodotti a base di carne (766 milioni di euro, +16,6%) e dai pesci, crostacei e molluschi (460 milioni, +23%). I maggiori aumenti dell’export sono stati rilevati dal comparto delle bevande (2,03 miliardi di euro, +11,4%), le cui spedizioni sono aumentate di oltre 200 milioni di euro, e dalla carne e dai prodotti a base di carne (570 milioni di euro, +16,2%), le cui esportazioni sono aumentate di circa 80 milioni di euro. In calo invece l’export di prodotti dell’industria lattiero-casearia (382 milioni di euro, -6,3%).
Dal punto di vista dell’andamento climatico l’annata è stata caratterizzata dalle gelate tardive della prima decade di aprile, che hanno danneggiato soprattutto le colture frutticole, comparto che negli ultimi anni sta attraversando diverse problematiche che mettono a repentaglio la stessa sopravvivenza delle aziende. Hanno inciso negativamente anche le alte temperature e i periodi siccitosi dell’estate, con effetti soprattutto su mais e soia, oltre che su altre colture orticole.
In generale si registra una riduzione dei quantitativi prodotti per diverse colture, o per una diminuzione degli investimenti o per un peggioramento delle rese produttive. Altro aspetto caratterizzante è stato una generalizzata ripresa dei prezzi, a fronte però di un contestuale aumento del costo delle materie prime e quindi dei costi di produzione, con impatti negativi sulla redditività delle colture.
Entrando nel dettaglio dei comparti, annata molto positiva per i cereali autunno-vernini: fatta eccezione per l’orzo (17.900 ha, -6%), in aumento gli investimenti a frumento tenero (95.000 ha, +12%) e duro (15.000 ha, +42%). In miglioramento anche le rese e di conseguenza la produzione. Annata sfavorevole invece per i cereali a semina primaverile: per il mais in calo le superfici coltivate (148.000 ettari, -4%) e soprattutto le rese (10 t/ha, -11%). L’aumento dei prezzi (+42%) ha controbilanciato la riduzione della produzione (1,5 milioni di tonnellate, -15%).
Anche per le colture industriali il 2021 è stato caratterizzato da un incremento generalizzato dei prezzi. Per quanto riguarda la soia, in aumento le superfici coltivate (+3%), molto male invece la resa (3 t/ha, -18%) e di conseguenza la produzione (420 mila tonnellate, -15%). In calo gli investimenti a girasole (3.900 ha, -27%) mentre crescono le superfici coltivate a colza (4.400 ha, +36%). Annata negativa per la barbabietola da zucchero: in flessione le superfici (8.800 ha, -2,7%) e soprattutto le rese (-61,3% t/ha, -12%); mentre il tabacco ha registrato una crescita degli investimenti e della produzione, ma i prezzi non sono sufficienti a controbilanciare l’aumento dei costi di produzione, compromettendo la redditività della coltura.
Annata in chiaroscuro anche per le colture orticole: in generale si è osservata una riduzione degli investimenti per diversi prodotti, tra cui quelli principali, come la patata (3.500 ha, -7%), il radicchio (4.500 ha, -22%), la lattuga (1.100 ha, -13%) e la fragola (360 ha, -12%), ma anche per carota, cavoli e cavolfiori, fagiolini e piselli. In crescita invece le superfici coltivate ad altre orticole, in particolare aglio (11%) e cocomeri (+21%), mentre altre colture (asparago, zucchine, meloni) hanno avuto incrementi meno rilevanti. Dal punto di vista produttivo ci sono stati andamenti contrastanti: alcune colture hanno patito il freddo e le gelate tardive di aprile (asparago), altre le piogge abbondanti di maggio (patata), altre ancora le alte temperature estive e i periodi siccitosi (zucca, meloni), o il clima eccessivamente mite del periodo autunnale (radicchio).
Un’annata molto difficile per il comparto frutticolo veneto, che ha dovuto fare i conti con i danni delle gelate di aprile e altre vicissitudini fitosanitarie. In questo contesto, tutte in discesa le rese ad ettaro, con il conseguente calo delle produzioni di melo (-38,9%), kiwi (-40,8%), ciliegio (-23,8%) e con perdite ancora maggiori per pero (-85,3%) e pesche (-77,3%). Tengono, invece, i prezzi unitari e le superfici investite a frutteti.
Per il comparto viticolo, cresce ancora nel 2021 la superficie vitata veneta già produttiva (94.151 ha, +1,5%), di cui quasi il 78% insiste in aree Doc/Docg e un altro 18% circa a Igt. La vendemmia dell’ultimo anno ha dato delle discrete rese di produzione, che hanno portato ad una produzione totale di 14 milioni di quintali di uva (-0,5%), mentre il vino prodotto viene stimato in 11,7 milioni di ettolitri (stabile rispetto al 2020). In netto rialzo, invece, il prezzo delle uve venete (0,74 €/kg, +27,6%).
Il comparto lattiero-caseario presenta una produzione di latte stabile nel 2021, con circa 12 milioni di quintali. Il numero di allevamenti da latte è sceso a circa 2.900, in lieve calo negli ultimi anni. Il prezzo medio annuo è stato di 36,5 €/hl (senza IVA e premi), sostanzialmente invariato. In aumento la produzione di formaggio Grana DOP nelle province venete (570mila forme), in calo invece la produzione degli altri formaggi DOP e duri, per la ripresa della richiesta di formaggi freschi e molli. Fatturato stabile stimato a circa 440 milioni di euro. In Veneto c’è un’alta presenza della cooperazione (che gestisce circa il 50% del latte); la valorizzazione del latte avviene tramite la trasformazione in formaggi DOP (circa il 65% del latte) e tradizionali: circa l’80% del latte veneto è trasformato in formaggio. La quotazione del latte alla stalla è stata inferiore ai costi di produzione, soprattutto in conseguenza dell’aumento dei costi alimentari ed energetici.
In generale, il comparto zootecnico sta subendo gli effetti della ripresa economica a livello mondiale con esiti negativi sui costi energetici, soprattutto nel secondo semestre, e delle materie prime alimentari, con evidenti conseguenze sui mangimi di origine industriale, che va a penalizzare la redditività degli allevamenti.
Per la carne bovina, il Veneto si caratterizza per la produzione del vitellone da carne e in parte per il vitello a carne bianca. La produzione veneta nel 2021 è stata stabile, con circa 780mila capi macellati su base annua. Il numero di allevamenti da carne è stabile a circa 6mila unità. Ci sono allevamenti specializzati di buone dimensioni con grande produttività (vitellone da carne): il 90% della produzione è realizzata da circa 1.000 allevamenti con capienza da 100 capi. Persiste la dipendenza dall’estero per ristalli (non risolvibile) e in parte per materie prime alimentari, oltre alle classiche problematiche legate all’impatto ambientale. Considerando il buon andamento dei prezzi sui mercati, il fatturato viene stimato a circa 425 milioni di euro (+6%).
La produzione di carne suina è concentrata nelle province di Verona e Treviso e il Veneto rientra tra le regioni della filiera di qualità IGP/DOP per la produzione dei suini grassi certificati. Nel 2021 la produzione è stata stabile con circa 790mila macellati, di cui 700mila quelli grassi (-2%), circa 8% del totale nazionale. Il numero di allevamenti si attesta a poco meno di 1.600 unità, ma molti sono di piccole dimensioni e quelli inseriti nella filiera IGP/DOP sono 285 (-10% su 2020). Di questi ultimi, circa 150 allevamenti hanno inviato al macello 490mila suini grassi certificati per la filiera DOP/IGP, che rappresentano circa il 70% della produzione veneta di suini grassi. Il numero di cosce omologate di Prosciutto Veneto Berico Euganeo DOP è stato poco più di 70mila (-20mila rispetto al 2020), mentre i prosciutti certificati sono stati 86,6mila. Anche per quanto riguarda i suini, il buon andamento commerciale permette di stimare un fatturato a circa 175 milioni di euro (+6,5%).
La filiera avicola è il comparto zootecnico più sviluppato in Veneto: si basa su un numero di allevamenti non particolarmente numeroso, ma dalle grandi dimensioni. Inoltre, la fase produttiva è fortemente integrata in senso verticale, a monte con le aziende mangimistiche, a valle con le aziende di macellazione e trasformazione. Nel 2021, la produzione veneta viene stimata relativamente stabile: sono stati macellati poco meno di 200 milioni di polli e galline (35% del totale nazionale) e 26 milioni di tacchini (50%). Il numero di allevamenti è rimasto invariato: quelli di pollo da carne si attesta a circa 760 unità, mentre quelli di tacchini da carne sono poco più di 400 con una fortissima concentrazione nella provincia di Verona. Il fatturato viene stimato a circa 730 milioni di euro (+9%) sostenuto dall’incremento dei prezzi medi. Si è registrato un forte episodio di influenza aviaria che ha interessato oltre 250 allevamenti, soprattutto di tacchini con oltre una decina di milioni di animali eliminati, con l’istituzione di quarantene periodiche che hanno limitato e ritardato l’avvio di nuovi cicli produttivi.
Il 2021 è stata una buona annata per il comparto della pesca, con lo sbarcato locale transitato nei sei mercati ittici del Veneto che ha segnato un +12,9% in volume, a fronte di 18.442 tonnellate vendute. Bene anche il fatturato, che viene stimato a 47,5 milioni di euro (+24,2% rispetto al 2020). Se consideriamo i volumi dei transiti totali nel mercato di Chioggia nel 2021, rilevando anche i prodotti di provenienza nazionale ed estera, si registrano 9.723 tonnellate (+3,8%), con un fatturato totale che è pari a circa 34,7 milioni di euro (+12,3%). Invece, in quello di Venezia sono transitate circa 7.479 tonnellate (+2,7%), con un incasso complessivo di circa 58,1 milioni di euro (+12,2%). La produzione di molluschi bivalve di mare è arrivata a 2.706 tonnellate (+6,0%), con il comparto delle vongole in calo e quello dei fasolari con produzioni in rialzo. Nel 2021 resta invariata la flotta marittima (655 barche), mentre le imprese della filiera ittica (3.867 unità) si presentano in crescita (+1,1%), grazie al traino delle aziende impegnate nell’acquacoltura.
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